Xylella: a che punto siamo
Da qualche anno a questa parte la parola Xylella ha, purtroppo, invaso gli articoli di giornale, i
notiziari e i social. Le notizie circa gli effetti devastanti di questo batterio sugli ulivi, inizialmente
vaghe, poi sempre più concrete, hanno incominciato a preoccupare seriamente non solo gli
olivicoltori, ma l’intera popolazione.
Chi si è trovato ad attraversare le zone colpite dalla Xylella, presente soprattutto in Puglia, ha
potuto vedere con i propri occhi l’entità del danno e la ferita che questo batterio ha causato nel
nostro territorio. Alberi bruciati, rami tagliati, interi oliveti distrutti, anni e anni di duro lavoro
spazzati via in un attimo… Il bilancio è tragico. Ma c’è una possibilità di salvezza? A che punto è la
ricerca? In primis, cos’è nel concreto la Xylella?
Xylella: cosa sappiamo
La “Xylella fastidiosa” è un batterio patogeno delle piante, che fu identificato per la prima volta
negli Stati Uniti alla fine del XIX secolo. Negli anni, si è via via diffuso, trovando un ambiente
particolarmente favorevole in Europa, dove è stato rilevato per la prima volta nel 2013 vicino
Gallipoli, in Puglia. Da quel momento, la nostra Penisola è stata duramente colpita dal batterio
che, viaggiando a una velocità impressionante, ha radicalmente trasformato il paesaggio agrario
della Puglia, ma anche di altre regioni italiane, come ad esempio la Toscana.
La Xylella viene trasmessa principalmente da insetti vettori che si nutrono della linfa delle piante.
Questa modalità di contagio è purtroppo molto rapida: quando un albero viene colpito, tutti quelli
che gli stanno attorno, nel giro di poco tempo, seccano, perdono via via i rami, fino a morire.
Danni ambientali devastanti
La Xylella fastidiosa ha avuto da subito un impatto devastante sugli ecosistemi locali, soprattutto
in Puglia, dove gli ultimi dati ufficiali a disposizione ci dicono che circa 6,5 milioni di ulivi sono stati
gravemente danneggiati entro il 2017. Questo è, infatti, quanto emerge dalla ricerca Monitoring
the impacts of Xylella fastidiosa, pubblicata sull’EU Science Hub, principale sito web del Centro
comune di ricerca della Commissione europea.
Sono numeri che fanno tremare i polsi. Perdere 6,5 milioni di ulivi significa perdere interi uliveti,
simbolo identitario della Puglia, che nella sua bandiera istituzionale ha proprio l’ulivo. Ma, oltre,
al danno paesaggistico, la Xylella ha causato anche un danno storico-culturale, poiché molti degli
alberi colpiti erano splendidi ulivi secolari, vere e proprie sculture create da Madre Natura.
Ovviamente, questa notevole alterazione dell’ecosistema, ha poi avuto ripercussioni significative
sulla biodiversità. Gli ulivi, infatti, non sono solo una fonte di reddito, ma sono anche habitat per
numerose specie animali e vegetali. La loro perdita ha avuto quindi un effetto a catena sull’intero
ecosistema, riducendo la disponibilità di risorse per molte altre specie.
Un forte impatto economico
Il danno economico causato dalla Xylella è altrettanto significativo. La regione Puglia, che
rappresenta una delle principali aree di produzione di olio d’oliva in Italia, ha visto un drastico calo
della produttività. Sempre secondo l’EU Science Hub, la diffusione della Xylella potrebbe costare
all’Unione Europea oltre 5,5 miliardi di euro all’anno in termini di perdita di produzione, con
potenziali perdite di esportazione di 0,7 miliardi di euro all’anno.
Tuttavia, una ricerca più recente (Impact of Xylella fastidiosa subspecies pauca in European olives),
portata avanti dai ricercatori dell’Università di Wageningen, nei Paesi Bassi, e pubblicata nel 2020
sulla rivista specializzata Proceedings of National Academy of Sciences (Pnas), parla addirittura di
20 miliardi di euro persi. I ricercatori, in particolare, hanno studiato l’impatto della Xylella in Italia,
ma anche in Spagna e in Gracia, paesi tra i principali produttori d’olio europei, anch’essi colpiti dal
batterio.
La chiara conseguenza di tutto ciò è un drastico aumento del prezzo dell’olio d’oliva, causato
dalla riduzione della disponibilità di materia prima. È sufficiente guardare i prezzi sugli scaffali dei
supermercati per rendersene conto. Secondo Altroconsumo (Olio extravergine d’oliva sempre più
caro), a novembre 2023 l’olio era aumentato del 56%, un litro di olio, quindi, costava il doppio
rispetto all’autunno del 2020.
Questo aumento dei prezzi è, tuttavia, stato influenzato anche da altri fattori sia di tipo
ambientale, come le condizioni climatiche avverse, sia di tipo geopolitico. Le guerre che,
anacronisticamente e dolorosamente, sono scoppiate negli ultimi tempi ai confini dell’Europa
hanno, in effetti, portato a un aumento generale del costo della vita, dovuto all’aumento del
prezzo dell’energia.
Di conseguenza, produrre costa di più e questo si riflette sui beni che il
consumatore acquista. Chiunque ha potuto toccare con mano questo fenomeno, basta, appunto,
guardare gli scontrini quando si esce dal supermercato.
Tentativi di combattere la Xylella
Ma tornando alla Xylella, da subito l’Unione Europea ha messo in campo misure di eradicazione
del batterio, che prevedono la rimozione immediata non solo di tutte le piante infette o
sintomatiche, ma anche di quelle presenti all’interno di una area di 50 metri attorno agli alberi
malati. Questa decisione drastica mira ovviamente a limitare la diffusione della Xylella, ma ha
incontrato resistenze a livello locale, soprattutto tra i coltivatori che vedono abbattuti alberi che
potrebbero apparentemente sembrare sani.
Inoltre, pratiche agricole come la rimozione delle erbe infestanti e l’aratura del suolo sono
decisive per ridurre la popolazione dei vettori e prevenire la presenza del batterio in una
determinata zona.
Chiaramente, però, queste misure dettate dall’emergenza non sono sufficienti per combattere la
Xylella a lungo termine, sono, pertanto, in corso studi per sviluppare metodi di controllo biologico
che possano ridurre la popolazione degli insetti vettori. Inoltre, si stanno valutando varietà di ulivo
resistenti o tolleranti alla Xylella, che potrebbero offrire una soluzione sostenibile nel lungo
periodo.
Altre soluzioni su cui si sta lavorando sono lo studio del genoma del batterio, che potrebbe
portare allo sviluppo di trattamenti mirati, e l’uso del telerilevamento e dei dati satellitari per
monitorare la diffusione della Xylella. In questo modo, è possibile rilevare rapidamente e
accuratamente le aree infette, aiutando le autorità a implementare misure di controllo più efficaci
(si veda a tal proposito il documento UE Monitoring the impact of Xylella on Apulia’s olive
orchards).
I primi risultati
Le ricerche portate avanti sin dal 2013 hanno finalmente iniziato a dare i loro frutti. In particolare,
negli ultimi anni, il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) si è impegnato nello studio delle varie
tipologie di ulivo, identificando alcune varietà che sembrano resistere all’attacco della Xylella (Gli
ulivi che battono la Xylella: dopo due anni il primo olio della Favolosa). Una di esse è la cosiddetta
Favolosa, che è stata impiantata in alcuni campi del Salento resi brulli dal batterio. Ebbene,
l’esperimento è riuscito, poiché nel 2020 si sono potute raccogliere le nuove olive e ricominciare a
produrre olio.
Nel 2023, un’altra importante novità sembra venire da una ricerca effettuata dall’Università degli
Studi di Chieti-Pescara. È stato infatti scoperto un nuovo nano-materiale, chiamato Argirium
SUNc, che pare avere tutte le carte in regola per contrastare e sconfiggere il batterio Xylella.
Certo, è ancora presto per cantare vittoria e per riparare alle enormi perdite subite, sembra però
esserci luce in fondo al tunnel, e questo accende la speranza in tutti coloro che amano la natura, il
paesaggio italiano e la sua tutela.