Il Paese delle case vuote. Così qualcuno, ironicamente ma non troppo, ha definito l’Italia, se la si fotografa dal punto di vista edilizio, e soprattutto del rapporto fra costruzioni esistenti e territorio.
In Italia ci sono oltre 31 milioni di abitazioni. Di queste, poco più di 24 milioni sono occupate a vario titolo: mentre le altre 7 milioni risultano non occupate oppure occupate da persone non residenti – sono cioè seconde case.
Sono i numeri dell’Istat, e sono anche un po’ datati. Risalgono infatti all’ultimo censimento condotto nel 2011. Nel corso del decennio 2001-2011 risultano censite oltre 3,9 milioni di abitazioni in più. Il censimento 2001 aveva contato in Italia quasi, 27,3 milioni di abitazioni, di cui 5,6 milioni non occupate.
Secondo l’Istat il numero complessivo delle abitazioni censite nel 2011 ammonta a 31.208.161 unità. Di queste, il 77,3% (24.135.177) è occupato da almeno una persona residente, mentre il restante 22,7% (7.072.984) è costituito da abitazioni non occupate (vuote) o occupate solo da persone non residenti.
Osservando i singoli territori, si nota che la quota di abitazioni occupate “è ben più elevata della media nazionale in Lombardia (84,5%), Campania (quasi l’83%) e Lazio (82,2%)”. La percentuale più elevata di abitazioni non occupate è della Valle d’Aosta (50,1%) (“in linea con quanto già rilevato nel 2001”), seguita da Calabria (38,8%) e Molise e Provincia di Trento (37,1%).
“Tra il Censimento del 2001 e quello del 2011” si legge nella nota Istat “aumentano leggermente le abitazioni con almeno una cucina (+8,1%) mentre sono quasi raddoppiate quelle che dispongono solo di angolo cottura (+82,3%)”. La quota più elevata di abitazioni con almeno una cucina si registra nelle Isole e nel Sud (rispettivamente 78,3% e 77,1%), la più bassa nell’Italia Nord-Occidentale (70,6%).
La cartina qui sotto traduce visivamente i dati sopra esposti:

Se l’Italia è dunque un Paese dalle molte case vuote, è anche il Paese in cui il consumo di suolo continua a ritmi imperterriti ed insostenibili. Ed è proprio questo che rende quantomeno problematico il dato sulle case non occupate.
Nell’ultima Giornata del suolo, celebrata il 5 dicembre scorso, è stato il WWF Italia a rinnovare l’allarme. Citando il Rapporto ISPRA 2022 sul consumo del suolo, “in Italia continuiamo a perdere 2 m² di suolo al secondo”.
I dati ISPRA parlano chiaro. Nel 2021 la media è stata di 19 ettari di suolo persi al giorno, vale a dire il valore più alto degli ultimi 10 anni. Sono 21.500 i km² di suolo cementificati in tutto il Paese e soltanto gli edifici occupano una superficie pari alla Liguria (5.400 km²).
Sono numeri che appaiono in tutta la loro drammaticità proprio dopo la tragedia di Ischia, l’ultimo in ordine di tempo degli eventi catastrofici che investono il territorio disastrato e ipersfruttato del nostro Paese.
Come sottolineato nel Rapporto, infatti, dal 2012 ad oggi il suolo perso avrebbe garantito l’infiltrazione di oltre 360 milioni di m³ di acqua piovana, aggravando la pericolosità idraulica dei nostri territori (che dal 2000 al 2019 ha causato 438 morti in Italia – Fonte CNR-Irpi). La cementificazione fa poi la sua parte, impermeabilizzando le superfici e interrompendo la ricarica delle falde acquifere.
Ecco una mappa che evidenzia l’avanzare della cementificazione in Italia e la sua distribuzione per aree:

