Super Tuskers a rischio: L’Abolizione del divieto di caccia minaccia gli elefanti dalle lunghe zanne

Con l’abolizione del divieto di caccia ai "super tuskers", i pochi esemplari sopravvissuti sono ad alto rischio di estinzione. Tuttavia, le opinioni sono contrastanti.

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[jfjacobsz] © 123RF.com

E dire che i Super Tuskers, nei Paesi africani in cui ancora sopravvivono, portano ogni anno un gran numero di turisti e assicurano una gran parte del reddito nazionale. Sono loro, in buona sostanza, che sostengono le comunità locali, la fauna e l’ecosistema di territori come quello del Kenya.
E l’uomo che fa, per ringraziare questi mega elefanti dall’aspetto preistorico, alti tra i 3 e i 4 metri, con magnifiche zanne pesanti più di 45 chilogrammi ciascuna e lunghe da toccare il suolo?
Li stermina. Ne sono rimasti circa una ventina nel mondo: e grazie a noi, sono a serio rischio di estinzione totale.

Gli elefanti giganti dalle lunghe zanne, detti appunto per questo “super tuskers” vivono nelle terre di confine tra Tanzania e Kenya. E’ una combinazione di età avanzata e condivisione genetica, ma anche di protezione prolungata dal bracconaggio ad aver creato questa popolazione di “elefanti toro”. Per molti, questi pachidermi sono “icone viventi” della savana africana. Lo sono, purtroppo, anche per i cacciatori di trofei: che li amano molto di più come “icone morte”.

La notizia di queste settimane è l’abolizione del divieto da parte delle autorità – un divieto a lungo mantenuto – di cacciarli. Gli ambientalisti, sono scesi sul piede di guerra. Mentre altre voci sostengono che la caccia ai trofei può sostenere le economie locali e persino aiutare a proteggere le specie minacciate.

La battaglia attorno ai super tuskers è iniziata l’anno scorso, ed è stata in realtà accesa da una decisione del governo tanzaniano, che ha posto fine dopo trenta anni a un accordo (per la verità informale) con il Kenya, consentendo ai cacciatori di sparare legalmente ad almeno due dei 10 super tuskers rimasti.
Si tratta di un branco transfrontaliero, che migra tra il Kenya (dove la caccia ai trofei è vietata) e la Tanzania, dove l’intera legislazione sulla fauna selvatica è molto più concessiva: è consentita infatti la caccia ai trofei di fauna selvatica, previo acquisto da parte di (facoltosi) cacciatori stranieri di un pacchetto “safari premium”.

Gli elefanti presi di mira dalla caccia ai trofei erano tra i più grandi e più vecchi. Questo, lungi dall’essere un criterio accettabile, per gli ambientalisti è al contrario una doppia sciagura. Essi rappresentavano “uno degli ultimi pool genetici per una così gran massa di avorio e la fonte delle zanne più grandi mai raccolte”.

Il governo tanzaniano deve ora decidere se rilasciare altri permessi di caccia ai super-tusker per il prossimo anno. Ed è per questo che le pressioni internazionali a non farlo stanno aumentando nelle ultime settimane. Un appello uscito sulla rivista Science esorta le autorità a fare marcia indietro e a concentrarsi invece sull’ecoturismo. “Vivi, questi super tusker hanno un grande valore biologico, economico e sociale”, hanno scritto. “Una volta abbattuti, il loro contributo termina”.

“Questi elefanti sono da sempre cari ai Masai” ha affermato alla stampa un esponente della comunità locale come Jackson Mwato, direttore esecutivo dell’Amboseli Ecosystem Trust, qualcosa come 158.000 ettari (390.000 acri) di area selvaggia. “Convivono con noi da sempre. Non conoscono confini internazionali e alcuni dei nostri clan portano il loro nome. Se scompariranno, sarà una perdita per il Paese e per la comunità Masai”. Sono circa 65.000 le famiglie che dipendono, infatti, dall’economia turistica generata dai safari (non di caccia).

Ancora più arrabbiati sono gli scienziati che si occupano della conservazione delle specie: come Joyce Poole, cofondatrice di Elephant Voices e autrice principale della lettera di protesta contro la morte dei super tuskers.

“Quelli uccisi erano individui chiave di volta” spiega la Poole “da cui i maschi più giovani imparano e che coordinano i movimenti di animali strettamente legati. Chi sostiene che la caccia non ha un impatto guarda solo ai numeri e non considera il ruolo che questi individui hanno nella società animale”.

Ci sono anche le voci di chi la pensa diversamente, cioè a favore di una caccia controllata e selezionata. Come il professor Adam Hurt dell’Università del Gloucestershire, coautore del libro Trophy Hunting.
“Per quanto molti possano trovare sgradevole la caccia” sostiene Hurt “essa può funzionare e funziona come fonte di reddito per la conservazione e le comunità. È dimostrato che l’abolizione della caccia ai trofei – e degli incentivi che essa crea per la conservazione – senza alternative finanziate può portare a una maggiore perdita di fauna selvatica”. Secondo Hurt “alcuni studi hanno rilevato che gli habitat gestiti per la caccia possono proteggere molte altre specie a rischio nelle vicinanze”.

Anche fra gli operatori turistici della Tanzania c’è chi è favorevole all’abolizione del divieto, per un calcolo schiettamente economico.

“C’è chi paga 5.000 dollari per la licenza e circa 10.000 dollari per il trofeo. L’affitto di un intero blocco può arrivare a 60.000 dollari. Non è forse questo che crea occupazione per la popolazione locale e restituisce il denaro alla conservazione? Un campo di caccia dà lavoro a quasi 30 persone locali”.

A patto però che i cacciatori siano accompagnati da personale anti-bracconaggio – aumentando il raggio d’azione delle pattuglie – e che abbattano solo gli animali vecchi. “Se la mia mucca diventa vecchia, di solito la vendo a un macellaio o la macello io stesso. Allo stesso modo, preferireste non ottenere il massimo del prezzo da un animale che sarebbe comunque morto di vecchiaia?”.

Si ripropongono dunque vecchi quesiti e questioni annose.

Gli anti-caccia ribattono che l’età di questi elefanti, la loro particolarità e la nostra crescente comprensione della complessità della loro comunicazione rendono le perdite particolarmente difficili.
La Poole, che studia la popolazione di Amboseli dal 1975, ha scoperto che gli elefanti si chiamano l’un l’altro. “Il mio cuore va a loro, perché sono animali incredibili”, conclude. Difficile darle torto.

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