“Drammatica”. Così viene definita la situazione in Sicilia sul fronte siccità, dopo un’estate e un
autunno scorsi quasi completamente privi di piogge. E l’estate 2024 deve ancora cominciare.
Lo ha detto a chiare lettere Giuseppe Amato, Responsabile politiche delle zone idriche, fiumi,
laghi, zone umide di Legambiente Sicilia. La siccità in tutta l’isola sta mettendo in crisi il settore
agroalimentare. Non solo: si farà sentire, in maniera appunto drammatica, anche
sull’approvvigionamento di acqua potabile, sulle operazioni antincendio e la produzione di energia
idroelettrica.
E’ l’allarme lanciato da Legambiente sugli effetti della siccità prolungata, che non riguarda –
tengono a sottolineare – solo il territorio siciliano, ma tutto il nostro Paese: “La crisi climatica
avanza. Sempre più caldo e processi di desertificazione. Servono interventi concreti e integrati:
una regia unica da parte delle Autorità di bacino, una strategia nazionale integrata e a livello di
bacini idrografici; incentivare buone pratiche per trattenere l’acqua e praticare il riuso delle acque
reflue depurate. A livello europeo si approvi una legge quadro sulla resilienza climatica”.
I dati parlano chiaro. In Italia dal 2020 a metà maggio 2024 si sono registrati 81 danni da siccità
prolungata. Al primo posto, inaspettatamente, c’è la Lombardia con 15 danni, poi il Piemonte,
anch’esso inaspettato, con 14 e la Sicilia con 9. Seguono la Sardegna (6), l’Emilia-Romagna (6) e il
Trentino-Alto-Adige (6). E’ la fotografia che Legambiente ha portato all’attenzione di tutti durante
la Giornata Mondiale dell’ambiente del 5 giugno, che aveva appunto per tema: “Ripristino del
territorio, desertificazione e resilienza alla siccità”.
In questa tarda primavera 2024, la Sicilia rurale mostra uno scenario davvero inquietante.
“Chi percorre l’autostrada Palermo-Catania si trova di fronte a un paesaggio di morte e
desolazione” scrive il sito Terraevita. “Di questi tempi, in passato, il giallo oro delle spighe di grano
riempiva gli occhi di gioia. Oggi è tutti scuro, bruciato. Non dal fuoco, ma dalla siccità. Le piante
non sono cresciute, l’accestimento è stato scarsissimo e sui culmi poche spighe con solo uno-due-
tre semi striminziti”.
A causa della siccità si prevede un taglio nelle rese del grano siciliano compreso tra il 70 e il 90%. In
alcune zone dell’isola gli agricoltori fanno rilevare come non piova addirittura da un anno. Per altre
si parla di soli 100 millimetri di piogga caduti: un vero e proprio record negativo.
Non minore impressione hanno suscitato le immagini diffuse dai Tg nazionali delle capre che, in
una contrada di Caltanissetta, sono state riprese dall’alto mentre erano costrette a bere in una
pozza di fango, là dove, fino a poco tempo fa, l’acqua riempiva un laghetto naturale, utilizzato
dagli allevatori e gli agricoltori della zona.
Che fare, dunque?
Per Legambiente servono interventi rapidi, concreti e integrati non più rimandabili. E si rivolge
direttamente al governo.
“Serve una ridefinizione di una regia unica da parte delle Autorità di bacino distrettuale” afferma
Legambiente; “una strategia nazionale integrata a livello di bacini idrografici; e incentivare buone
pratiche che permettano di trattenere il più possibile l’acqua sul territorio e promuovere sistemi
per il recupero delle acque piovane e per il riuso delle acque reflue”.
Ce n’è anche per l’Europa, naturalmente. La legislatura europea che verrà, dovrà approvare una
Legge quadro sulla resilienza climatica “per coordinare norme stringenti sull’adattamento, con
efficaci piani nazionali e adeguate risorse economiche, in tutti i Paesi membri”.
E’ stata la stessa Commissione europea, del resto, a indicare una stima dei danni che l’economia
del continente intero potrà subire senza un’efficace azione preventiva dei rischi climatici. I danni
da alluvioni, ondate di calore, siccità, incendi boschivi, perdite dei raccolti o malattie potrebbero
ridurre, secondo la stima UE, il PIL europeo di circa il 7% entro la fine del secolo.
Lo stesso Piano Nazionale di Adattamento Climatico italiano varato a fine 2023 dal Governo
Meloni, stima una riduzione del valore della produzione agricola pari a 12,5 miliardi di euro nel
2050: questo solo in uno scenario climatico con emissioni climalteranti dimezzate al 2050 e pari a
zero al 2080.
In particolare, Legambiente lancia tre direttive concrete di azione:
- ricostituire una regia unica, da parte delle Autorità di bacino distrettuale, per conoscere
disponibilità, consumi reali, domanda potenziale e per definire degli aggiornati bilanci
idrici. - una strategia nazionale integrata e a livello di bacini idrografici, che spinga per la
realizzazione di nuove e moderne pratiche e misure per ridurre la domanda di acqua ed
evitarne gli sprechi.
Questo significa: risparmio negli usi civili attraverso la riduzione delle perdite e dei
consumi, ma soprattutto negli usi agricoli, anche attraverso una intelligente rimodulazione
della programmazione agricola, per aiutare gli agricoltori nel passaggio a colture e sistemi
agroalimentari meno idroesigenti e a metodi irrigui più efficienti. - ripristinare tutte quelle pratiche che permettano di trattenere il più possibile l’acqua sul
territorio e favorire azioni di ripristino della funzionalità ecologica del territorio e ripristino
dei servizi ecosistemici. Promuovere sistemi per il recupero delle acque piovane e per il
riuso delle acque reflue depurate.
Se ci fosse bisogno di sottolineare ancora maggiormente l’urgenza del problema, basta ricordare
che nell’aprile scorso un rapporto stilato dall’Organizzazione internazionale della vigna e del vino
(OIV) mostrava che la produzione della bevanda nei 50 Stati membri, che rappresentano il 75%
della superficie viticola mondiale, ha raggiunto il livello più basso dal 1962.
Causa non unica, ma di primaria importanza nel fenomeno, la crisi climatica: in particolare, le forti
piogge, le inondazioni, la grandine e la doppia azione sul patrimonio viticolo di siccità e incendi.
L’Italia è uno dei Paesi produttori di vino che ha sofferto: il calo della produttività registrato è stato
del 23 per cento, con il volume di produzione più basso dal 1950.