Gli eventi climatici estremi non sono più eventi straordinari. Le immagini di città sommerse da alluvioni e di terreni spaccati dalla siccità si ripetono con frequenza allarmante. La comunità scientifica non ha dubbi: il cambiamento climatico ha accelerato, e con esso i relativi fenomeni estremi che influenzeranno ogni aspetto della nostra vita.
Un recente studio dell’Università di Bologna, mette in evidenza come le aree vulnerabili siano destinate a crescere, sottolineando così l’urgenza di un’azione concreta per rafforzare la resilienza delle comunità.
Gli studi, che hanno analizzato le dinamiche ambientali e sociali in Europa, indicano che entro il 2050 il rischio legato a fenomeni come alluvioni e siccità potrebbe colpire almeno il 30% in più delle attuali popolazioni esposte. Le principali cause sono sempre le stesse: l’aumento delle temperature globali e la scarsa gestione del territorio, a cominciare dal consumo del suolo, che amplificano gli eventi meteorologici, diventando sempre più intensi.
L’evento alluvionale, come quello che ha colpito l’Emilia-Romagna nel 2023, riproposto poi nel 2024, richiede sempre di più la necessità, da parte del normale cittadino, di acquisire informazioni che potranno essere fondamentali nel caso si verificasse l’evento.
E questo cambia le nostre priorità e ne crea di nuove. La Protezione Civile consiglia di conoscere i piani di emergenza locali e di identificare le zone sicure in caso di evacuazione o quelle dove non si deve andare. Sono misure essenziali che prima non era necessario sapere.
Le amministrazioni, da parte loro, devono agire affinché il territorio acquisisca infrastrutture più resilienti. È necessario investire nella manutenzione dei corsi d’acqua, ripristinare le zone umide e promuovere progetti di espansione controllata per i fiumi, tutte attività che riducono significativamente l’impatto delle inondazioni.
Tanta acqua e fango, ma contemporaneamente pochissima acqua. In Italia, la situazione della siccità è preoccupante: la scarsità d’acqua si sta trasformando in una crisi strutturale. Secondo l’ENEA, affrontare questo problema richiede un mix di azioni individuali e collettive.
Ancora una volta, sono le amministrazioni che si dovrebbero occupare della manutenzione degli impianti idrici per evitare sprechi. Gli individui possono raccogliere l’acqua piovana e gli agricoltori adottare tecnologie più efficienti per il risparmio dell’acqua. Anche questo atteggiamento richiede un cambiamento.
Anche al di fuori dei confini è necessario agire. A livello geopolitico, la cooperazione internazionale gioca un ruolo cruciale. Come emerso nei recenti vertici COP, garantire finanziamenti per la transizione ecologica nei Paesi più colpiti dai cambiamenti climatici è una priorità. Tuttavia, rimangono ritardi nell’implementazione degli accordi globali.
Resilienza ambientale
Rivalutare il concetto di resilienza ambientale rappresenta la chiave per affrontare queste sfide nuove e impreviste. Resilienza non vuole dire solo adattarsi agli impatti del cambiamento climatico: è un invito a ripensare profondamente il nostro rapporto con l’ambiente.
In un contesto geopolitico globale in cui alcuni Paesi, come gli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump, sembrano disposti a fare marcia indietro sugli impegni climatici, l’Europa deve consolidare il suo ruolo di leader. Come ha affermato António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, “la transizione ecologica è la sola via percorribile”.
La resilienza non riguarda solo il contenimento dei danni in caso di emergenza, ma la costruzione di una società più consapevole e preparata, che necessita di una formazione costante dalle scuole e dai media.
Non dobbiamo dimenticare che, in ogni emergenza, le persone più deboli sono quelle che subiranno maggiormente le difficoltà; per questo, come evidenziato dall’Università di Bologna, rafforzare le comunità più vulnerabili non è solo un atto di giustizia sociale, ma una strategia efficace per mitigare le disuguaglianze amplificate dal cambiamento climatico.
Ciò che ci attende non è un futuro già deciso, ma un ventaglio di possibilità ancora aperte, dove ogni scelta può fare la differenza. Ripensare il modo in cui viviamo, lavoriamo e produciamo energia è ormai un dovere ineludibile per garantire un futuro a coloro che non hanno ancora voce nel mondo politico ed elettorale, o, pur avendola, non hanno peso: le giovani generazioni.
È sulle spalle degli elettori, padri o nonni, e delle attuali classi dirigenti, che stringono ancora saldamente il volante della macchina decisionale, che ricade la responsabilità verso le nuove generazioni.
La giovane Severn Cullis-Suzuki, nel 1992, a soli dodici anni, con il suo discorso all’Earth Summit di Rio de Janeiro costrinse il mondo a fermarsi e riflettere, con la forza di un appello sincero che scosse le coscienze. La sua domanda fu: “Siamo nella lista delle vostre priorità?”, rivolta alle vecchie generazioni.
Da allora sono passati oltre 30 anni e pare che le decisioni prese non siano state lungimiranti. La risposta a questa domanda sarà scritta, perciò, nelle scelte che compiamo oggi. Non possiamo più ignorare il peso morale ed esistenziale che accompagna le nostre decisioni.