Torna d’attualità, in questo inizio estate di forte siccità (nonostante gli ultimi rovesci d’acqua, intensissimi ma episodici) il problema della dispersione delle risorse idriche nel nostro Paese dovuto alle perdite e alle inefficienze nella rete. Ma quanta acqua perdiamo in Italia?
Nel marzo di quest’anno, un report dell’Istat, forse prevedendo le attuali difficoltà, ha aggiornato la situazione. E il quadro è sempre più preoccupante, in assenza di una politica significativa e strutturale di interventi.
Secondo il report Istat le perdite nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile calcolate durante l’anno 2022-2023 avrebbero potuto soddisfare le esigenze idriche di circa 43,4 milioni di persone per un intero anno.
L’Italia è il terzo paese in Europa per il prelievo di acqua potabile pro capite nel 2022. Ma una quantità enorme di questa risorsa si disperde nelle reti di distribuzione.
Le reti comunali di distribuzione erogano quotidianamente 214 litri di acqua potabile per abitante: una quantità che però è notevolmente al di sotto di quella del 1999, con una riduzione di ben 36 litri!
Nel nostro Paese il volume delle perdite idriche totali nella fase di distribuzione dell’acqua è pari al numero impressionante di 3,4 miliardi di metri cubi. Si tratta di una quantità vicina alla metà del totale: 42,4% dell’acqua immessa in rete (leggerissimamente meglio rispetto al 2020, quando era al 42,2%).
Tutto questo a fronte delle iniziative che, a onor del vero, molti gestori del servizio idrico hanno messo in atto per garantire una maggiore capacità di misurazione dei consumi e il contenimento delle perdite di rete.
Evidentemente non è bastato: se ne vanno dispersi ancora circa 157 litri al giorno per abitante, una quantità che, come detto, soddisferebbe le esigenze idriche di 43,4 milioni di persone (il 75% degli italiani) per un intero anno.
Veniamo alle cause. Il report ne indica di precise:
- fattori fisiologici (non esiste un sistema a perdite zero);
- rotture nelle condotte e vetustà degli impianti, soprattutto in alcune aree del territorio;
- allacci abusivi;
- altri usi non autorizzati;
- errori di misura dei contatori.
Dove sono le perdite maggiori?
L’andamento delle perdite su base territoriale si presenta in verità molto variabile. Tuttavia, appare chiaro come le situazioni più critiche siano nelle aree del Centro e Mezzogiorno, soprattutto nelle fasce appenniniche e insulari. Cioè proprio laddove è più pressante il bisogno d’acqua e di una rete idrica efficiente.
Ecco la poco invidiabile classifica delle perdite idriche totali in distribuzione:
Basilicata (65,5%);
Abruzzo (62,5%);
Molise (53,9%);
Sardegna (52,8%);
Sicilia (51,6%).
Tutte le regioni del Nord hanno un livello di perdite inferiore, con Veneto (42,2%) e Friuli-Venezia Giulia (42,3%) in linea col dato nazionale.
Nella provincia autonoma di Bolzano/Bozen (28,8%), in Emilia-Romagna (29,7%) e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (29,8%) si registrano le perdite minori.
Altro dato: in 13 regioni e province autonome su 21 e in tre distretti idrografici su sette aumentano le perdite idriche totali in distribuzione.
Vediamo la situazione nelle città e nei capoluoghi di provincia.
Nelle reti di distribuzione dell’acqua potabile dei 109 comuni capoluoghi di provincia e città metropolitana, secondo il report Istat, a fronte dei 2,3 miliardi di metri cubi di acqua immessa in rete (364 litri per abitante al giorno), sono andati dispersi 0,8 miliardi di metri cubi, il 35,2% del volume immesso.
Qui in realtà le perdite totali in distribuzione si sono ridotte nel 2023 di un punto percentuale rispetto al 2020 (quando erano al 36,2%) e sono più basse di circa 10 punti percentuali rispetto agli altri comuni.
Un dato importante: significa che dove sono più concentrati gli investimenti dei gestori del servizio idrico (nei comuni maggiori) i risultati si cominciano a vedere.
Sulla base dei chilometri di rete, le dispersioni hanno determinato una perdita giornaliera per km (con l’esclusione delle condotte di allaccio) pari a circa 40 metri cubi (erano 41 nel 2020).
I capoluoghi in massima criticità sono invece:
Potenza (71,0%);
Chieti (70,4%);
L’Aquila (68,9%);
Latina (67,7%);
Cosenza (66,5%);
Campobasso (66,4%);
Massa (65,3%);
Siracusa (65,2%);
Vibo Valentia (65,0%).
Valori tutti superiori al 65% di acqua che se ne va.
I “migliori”, con perdite inferiori al 15%, sono invece Como (9,2%), Pavia (9,4%), Monza (11,0%), Lecce (12,0%), Pordenone (12,1%), Milano (13,4%) e Macerata (13,9%).
In molti casi le amministrazioni si difendono: secondo i gestori, nei capoluoghi in cui la performance del servizio peggiora rispetto al 2020, il risultato è dovuto a una più corretta registrazione dei volumi (Cosenza, Imperia, L’Aquila e Sondrio, tra gli altri).
La riduzione delle perdite, al contrario, sarebbe dovuta principalmente alle attività di riorganizzazione della rete di distribuzione, che sono state distrettualizzate in microaree omogenee. In questo modo si è ridotta la pressioni di esercizio e sono state individuate molte perdite occulte (è successo, tra gli altri, a Roma e Como).
La situazione, a dir poco critica, si fa poi sentire in tutta la sua drammaticità al momento dell’erogazione.
Qui non si tratta solo di risorse che vengono a mancare per i “buchi” nella rete, ma anche di altri elementi negativi che contribuiscono a generare il disservizio.
Si concentrano nel Mezzogiorno le maggiori lamentele per le irregolarità nell’erogazione dell’acqua. Nel 2023 la quota di famiglie che lamentano irregolarità nel servizio di erogazione dell’acqua nelle loro abitazioni è pari all’8,9%, in lieve diminuzione rispetto al 2022 (9,7%).
Si tratta di 2 milioni 300mila nuclei famigliari; tra questi, oltre i due terzi è residente nel Mezzogiorno (1,6 milioni di famiglie). Calabria (38,7% di famiglie) e Sicilia (29,5%) sono le regioni più esposte ai problemi di erogazione dell’acqua nelle abitazioni.
“Le perdite nella rete idrica non solo minacciano la sicurezza idrica delle comunità” scrive il report Istat “ma influenzano anche settori cruciali come l’agricoltura, mettendo a rischio la sostenibilità di interi sistemi alimentari, economici e occupazionali”. E indica due linee d’azione, facilmente intuibili anche per i non tecnici.
- Investimenti nella manutenzione e nella modernizzazione delle infrastrutture esistenti
- Adozione di pratiche di gestione idrica sostenibile.
Per fare questo, la tecnologia potrà essere sempre più d’aiuto, soprattutto nel monitoraggio delle reti idriche e nella rilevazione delle perdite.
Ma bisogna anche educare e sensibilizzare la popolazione ai comportamenti responsabili di utilizzo della risorsa acqua: che, va capito una volta per tutte, oltre ad essere vitale come l’aria, è tutt’altro che infinita.