Pompei: una storia di rinascita attraverso ricerca e sostenibilità

Da “vergogna d’Italia” a parco archeologico all’avanguardia: la storia di rinascita di Pompei passa attraverso la tutela, la ricerca, la sinergia con il territorio e la sostenibilità.

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Greentomeet mediaPompei: una storia di rinascita attraverso ricerca e sostenibilità

Da “vergogna d’Italia” a parco archeologico all’avanguardia: la storia di rinascita di Pompei passa attraverso la tutela, la ricerca, la sinergia con il territorio e la sostenibilità.

Il parco archeologico di Pompei è uno dei siti più noti al mondo e più visitati d’Italia, la storia che racconta, allo stesso tempo drammatica e affascinante, e i tesori che custodisce lo rendono un luogo unico, dove è possibile entrare in contatto con un passato lontano duemila anni ma ancora capace di parlarci. Ciò che, inoltre, rende ancor più speciale Pompei è il suo percorso di rinascita e valorizzazione, e l’impegno che il parco ha assunto nei confronti della sostenibilità.

Come purtroppo ancora troppo spesso accade, sono necessari eventi disastrosi per sensibilizzare la classe politica e i cittadini sul tema della tutela del nostro patrimonio culturale, talvolta abbandonato a se stesso. Nel caso di Pompei, ha fatto eco in tutto il mondo la gravissima notizia del crollo totale, avvenuto nel 2013, della Schola armaturarum, conosciuta anche come Domus dei gladiatori, e collassata a causa della mancata manutenzione e delle infiltrazioni d’acqua piovana.

Il Grande Progetto Pompei

A seguito del disastro, le condizioni degli scavi si sono palesate in tutta la loro criticità, a tal punto che l’allora attuale presidente della Repubblica Giorgio Napolitano definì il caso “una vergogna per l’Italia”. L’esigenza di porre immediatamente rimedio al preoccupante evento e di restaurare, in maniera pervasiva e generale l’intero parco, tutelato, inoltre, dall’UNESCO sin dal 1997, ha dato vita al “Grande Progetto Pompei”, coordinato da Massimo Osanna, diventato in seguito anche direttore del sito.

Il lavoro effettuato, ormai concluso, è a detta di molti, un caso esemplare di restauro e valorizzazione. Non ci si è, infatti, solo limitati a riqualificare le aree già a vista, ma si sono anche aperti nuovi cantieri di scavo, che hanno portato alla luce, negli anni, ricchissime domus e reperti di inestimabile valore, innescando un circolo virtuoso di progetti di ricerca tutt’ora in corso. Numerose abitazioni, precedentemente chiuse poiché inagibili, sono state restituite alla comunità; c’è stata, inoltre, una riorganizzazione dei depositi e una ricollocazione, quando possibile, dei reperti nei luoghi in cui erano stati ritrovati, operazione che ha permesso di ridar loro un senso.

Tutto questo ha avuto varie conseguenze positive, tra le quali, un incremento del personale assunto; un aumento esponenziale del numero dei visitatori; una maggiore fruibilità e accessibilità delle aree scavate, grazie alla creazione di percorsi per persone con una diversa abilità; e un programma di ricerca molto attivo, che tocca anche il campo della sostenibilità e dell’ecologia.

Un parco archeologico sostenibile

Una delle principali iniziative ha riguardato la riduzione dell’impatto ambientale, attraverso l’introduzione di tecnologie per il risparmio energetico e per la gestione sostenibile delle risorse idriche. Sono stati, ad esempio, installati pannelli fotovoltaici che assomigliano in tutto e per tutto a delle tegole di terracotta, e che, pertanto, generano energia rinnovabile utile per illuminare affreschi e mosaici, senza impattare sul contesto. L’intervento, ha, oltretutto, permesso al parco di risparmiare numerose risorse finanziarie, da impiegare in altri ambiti.

La scelta forse più curiosa e singolare, effettuata dall’attuale direttore Gabriel Zuchtriegel, è stata, però, l’assunzione di particolari “addetti” specializzati nella prevenzione della crescita di erba alta e erbacce: un gregge di ben 150 pecore! Queste ultime, pascolando liberamente nelle aree limitrofe agli scavi, impediscono il proliferare della vegetazione, praticamente a costo zero e senza impattare sull’ambiente.

“A volte l’innovazione più grande è il ritorno alle nostre radici: da oggi un gregge di 150 pecore ci aiuta nella manutenzione delle aree verdi di Pompei, un servizio che altrimenti consumerebbe risorse economiche e energia” così Zuchtriegel ha annunciato, qualche mese fa, la notizia dalle sue pagine social [qui Instagram: https://www.instagram.com/p/ClWDeH7NyhF/], continuando in seguito ad aggiornare i suoi followers sull’andamento di questo progetto sperimentale di eco pascolo, e annunciando anche la nascita del primo agnellino all’interno degli scavi. [https://www.instagram.com/p/Cl8bzPtMfa_/]

Una sostenibilità anche socio-culturale

L’idea ha da subito attirato l’attenzione dei media, rendendo celebri le pecorelle di Pompei, validi aiutanti che contribuiscono alle attività di manutenzione ordinaria, senza danneggiare in alcun modo gli scavi, anzi proteggendoli, in maniera “green”. La sostenibilità, tuttavia, va oltre l’aspetto ambientale, sfociando in ambito socio-culturale: Zuchtriegel ha, infatti, sottolineato come il suo intento sia anche quello di rendere Pompei una città viva e, in qualche modo, abitata, ricreando l’ambiente rurale che circondava il sito in epoca romana.

Già l’ex direttore del parco, Massimo Osanna, coinvolgendo aziende locali, aveva promosso attività in tal senso, ripristinando i vigneti dov’erano in passato, e promuovendo una vendemmia all’uso romano, così come la si faceva duemila anni fa. I quotatissimi vini di Pompei sono, pertanto, il frutto di una sinergia tra l’ente parco, le aziende locali e la Soprintendenza, coinvolta nello studio dei grappoli carbonizzati ritrovati durante gli scavi.

Tutela, ricerca, sostenibilità, legame con il territorio, e coinvolgimento della comunità si sono rivelati essere elementi vincenti per trasformare Pompei da “vergogna d’Italia” a parco archeologico all’avanguardia. Tutto questo non solo garantisce la preservazione del sito per le future generazioni, ma permette anche di creare consapevolezza circa l’importanza della nostra storia e del nostro patrimonio, e la possibilità di gestirlo in maniera intelligente e sostenibile.

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Claudia Russo ha studiato storia dell’arte a Siena, Parigi e Bologna. Appassionata di viaggi rigorosamente culturali e di serate conviviali un po’ meno impegnate, curiosa, determinata e amante del bello, trova sempre il tempo per una buona tazza di tè e per interrogarsi, con sguardo critico, sugli avvenimenti del nostro tempo
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