Sembrerebbe che i conti non tornino, sulla spinosa e assai dibattuta questione della pista da bob per le Olimpiadi di Cortina. Né da punto di vista economico, né da quello dell’impatto ambientale del nuovo impianto che si andrà (in tutta fretta) a costruire.
Sull’abbattimento dei larici pe far spazio al tracciato della pista olimpionica si è già detto molto in questi giorni. Anche l’iniziativa del musicista Mario Brunello – violoncellista di fama mondiale e uomo dalle profonde radici venete che ha portato il suo strumento nel cuore della foresta, facendolo “risuonare” con gli alberi – ha contribuito ad accendere i fari su quello che molti definiscono semplicemente un “inutile scempio ambientale”.
Si è detto molto, ma forse non tutto. L’impressione che si vada tacendo qualcosa sulle azioni che avranno un impatto sull’ambiente, è in qualche modo confermata da un articolo apparso pochi giorni fa sul sito “L’altra montagna”: una finestra ambientalista aperta sul territorio montano e promossa dal giornale online ildolomiti.it
Il giornalista Luigi Torreggiani scrive di essere riuscito “ad entrare in possesso del piano di gestione forestale del Comune di Cortina. Non dell’ultima versione, al momento difficile da trovare, ma della precedente. Le differenze non sono tantissime in termini quantitativi, dato che alberi di questa età crescono molto lentamente; si tratta perciò di dati comunque molto affidabili”.
Che cosa ha scoperto, Torreggiani? Che i numeri del piano di gestione non coincidono affatto con quanto si evince incrociando i dati del progetto “light” di SIMICO (la Società Infrastrutture Milano Cortina 2020 – 2026 S.p.A., che si occupa dei lavori per le Olimpiadi cortinesi) con la determina di aggiudicazione della ditta che sta effettuando i lavori di taglio.
Ricordiamo che quella attuale è una seconda versione del progetto della pista, annunciato come “light”, cioé ridotto. “La non realizzazione di alcuni parcheggi inizialmente previsti ‘consente di diminuire l’interferenza con la superficie boscata stimata in fase di progettazione esecutiva, portandola da 24.291 metri quadrati a 19.980 metri quadrati, risparmiando 4.311 metri quadrati di superficie boscata’, scrive Torreggiani citando i documenti.
Stando a queste dichiarazioni nero su bianco, il giornalista rileva che la parte di lariceto che sarà abbattuta per fare spazio alla pista sarà di 19.980 metri quadrati: in pratica un po’ meno di 2 ettari.
“Leggendo i dati del piano di gestione forestale relativo a quelle aree”, prosegue l’articolo, “si evince che, mediamente, la “provvigione”, ovvero il volume di legno presente in quell’area, varia tra i 300 e i 350 metri cubi ad ettaro. Il numero di piante si attesta invece attorno alle 280-300 ad ettaro. In pratica, ogni pianta di quel bosco specifico “cuba” mediamente poco più di 1 metro cubo.
“Ebbene, dalla determina di assegnazione della ditta aggiudicataria si legge che la stima dell’impresa, al momento dell’offerta, è stata di ben 2.200 metri cubi. Si tratta, di conseguenza, del triplo rispetto ai 7-800 metri cubi che, presumibilmente, vegetano nei circa 2 ettari previsti al taglio dal progetto.
Sembra insomma che i larici da tagliare siano ben di più dei 5-600 citati dai vari comitati e organi di stampa, ma addirittura quasi 2.000”.
Chiaro, no? Se si fa uno più uno… “Questo numero” nota Torreggiani “è incongruente con le superfici citate nel progetto di SIMICO: su 2 ettari non possono starci 2.200 metri cubi”.
“Questa considerazione derivante dai numeri del piano di gestione è già chiara anche nella realtà. Venerdì scorso, la consigliera regionale Cristina Guarda ha infatti presentato un esposto per denunciare il taglio di larici anche in luoghi nei quali, secondo il progetto di SIMICO, bisognava “mantenere le alberature esistenti” (ad esempio nella zona dell’anfiteatro e della “Curva cristallo”).
Qualcosa non quadra, dunque. La consigliera di Europa verde Cristina Guarda conferma che gli abbattimenti andranno ben oltre quelli “ridotti” presentati nel progetto SIMICO.
“Ma il piano di gestione forestale ci restituisce altri dati molto interessanti sul lariceto”, aggiunge Torreggiani. “Ci spiega, ad esempio, che l’età delle piante principali è di circa 150 anni, che si tratta di un bosco presente da sempre (come dimostrano anche fotografie d’epoca), che un tempo era utilizzato come rado pascolo arborato e poi, negli anni ’60, è stato oggetto di rimboschimento di abete rosso e latifoglie per colmare le lacune tra un albero e l’altro. Un bosco da sempre antropizzato quindi, ancor di più dopo la costruzione di strade, piste da sci, impianti di risalita e della vecchia pista da bob”.
E dunque, se si tratta di un bosco antropizzato, e comunque rimboscato dagli anni ’60, qual è poi la sua effettiva peculiarità ambientale?
“Non si tratta insomma di un bosco raro e così peculiare dal punto di vista puramente ambientale” rileva perciò il giornalista “ma di un’area forestale dalla fortissima valenza culturale, paesaggistica e sociale. Un luogo prezioso proprio per la sua ubicazione, per la sua storia, adatto al turismo lento che può svilupparsi nei pressi di un centro abitato come quello di Cortina ma anche importantissimo per gli stessi abitanti. Un luogo che, solcato dal serpentone olimpico di acciaio e cemento, perderà la sua antica identità. Questo è il punto”.
Insomma, il concetto è chiaro. Non è il taglio del bosco in sé ad essere una pratica indistintamente anti-ambientale (“è realizzato nella sostenibilità da secoli” ricorda il giornalista, e anche nel lariceto in oggetto è prevista, in modo cauto, dal Piano di gestione) ma la sua attuazione effettiva in un tempo e in uno spazio precisi e soprattutto con un fine preciso, che può essere lecito o meno dal punto di vista degli equilibri ambientali. In questo caso, “il taglio di quei larici, di quel bosco, per realizzare quella pista”.
Non ci si può allora che associare alla richiesta di trasparenza che a gran voce si fa da più parti e che lo scoop de “L’altra montagna” rilancia con forza. “Quanti larici saranno veramente tagliati e dove? Sarà seguito il progetto originario oppure no? Eventuali varianti sono giustificate? Se sì, da quali motivazioni?”