Nonostante i nostri media nazionali ne parlino poco o nulla, all’Unione Europea è in pieno svolgimento una vera e propria “battaglia” sui pesticidi.
Nel marzo scorso si è tenuto al Parlamento europeo un serrato dibattito fra nove eurodeputati che si opponevano alla normativa sui pesticidi attualmente in vigore nell’Unione europea e i portavoce delle Ong che hanno coordinato l’Ice Save Bees and Farmers, di cui abbiamo già parlato su questo magazine. Questi ultimi hanno presentato un relazione per “smontare” la cosiddetta “post-verità” di coloro (aziende e politici UE) che si sono schierati contro la riduzione dei pesticidi. “Fuorvianti, errate e scientificamente prive di fondamento”, hanno definito quelli di Save Bees and Farmers le posizioni dei deputati pro-pesticidi.
La battaglia politica si trascina almeno dal giugno 2022, quando la Commissione europea ha adottato proposte per un nuovo regolamento sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. In sostanza, il cosiddetto SUR, il nuovo regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi (SUR), che può essere considerato il primo vero passo verso una politica di riduzione dei pesticidi efficace e coerente nell’UE.
Il regolamento prevede obiettivi a livello di UE per ridurre del 50% l’uso e il rischio di pesticidi chimici entro il 2030, in linea con le strategie dell’UE “Dal produttore al consumatore” e sulla biodiversità. Nuove misure devono garantire che tutti gli agricoltori e altri utilizzatori professionali di pesticidi pratichino la difesa integrata (IPM): cioè un sistema ecologico che si concentra sulla prevenzione dei parassiti e dà la priorità a metodi alternativi di controllo dei parassiti stessi, con pesticidi chimici usati solo come ultima risorsa.
Il piano ha però registrato un sostanziale alt da parte di Stati membri, che il 27 dicembre hanno richiesto ufficialmente un’ulteriore valutazione d’impatto alla Commissione europea.
In questa situazione complessa e in qualche modo bloccata, è arrivata come un (grosso) sasso nello stagno la proposta formulata da Frans Timmermans alla Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare del Parlamento europeo del 22 maggio scorso. Timmermans ha descritto tutta una serie di provvedimenti di carattere più incisivo sul fronte dell’ambiente che la UE dovrebbe adottare nei prossimi mesi e anni, stante una situazione che, invece di migliorare, vede aggravarsi tutti o quasi i suoi parametri.
Fra queste, l’innalzamento della soglia di riduzione dei pesticidi dal 50% all’80% entro il 2030.
Apriti cielo. Ha risposto subito Herbert Dorfmann, l’europarlamentare altoatesino coordinatore del comparto agricoltura del Ppe. “Il Parlamento europeo non si piegherà ai ricatti di Timmermans”, ha attaccato, identificando ancora una volta il vicepresidente olandese della Commissione europea come il babau.
“La Commissione ha in serbo un ricatto per il Parlamento europeo”, ha concluso il parlamentare altoatesino, dando così fuoco alle polveri di un dibattito che è ormai diventato scontro.
Chi ha ragione? Chi sta diffondendo post-verità e scenari ideologicamente orientati, e chi sta invece effettivamente difendendo quella composizione di interessi pubblici e privati che sta alla base di ogni convivenza improntata a giustizia ed equità?
Intanto, giusto in questi giorni, è stato reso pubblico uno studio pubblicato dalla rivista Environmental Health, secondo cui diverse case di produzione di pesticidi avrebbero nascosto, proprio alle autorità europee, i risultati “sfavorevoli” di test sui pesticidi, dai quali uscivano chiaramente alcuni effetti deleteri delle sostanze da loro stessi commercializzate su animali da laboratorio.
La notizia è stata ripresa in particolare dal quotidiano francese Le Monde. Lo studio sui pesticidi è stato condotto dal chimico Axel Mie (Università di Stoccolma, Karolinska Institute) e dalla tossicologa Christina Rudén (Università di Stoccolma). Gli “effetti deleteri” dell’uso dei pesticidi pur con le attuali limitazioni riguarderebbero “i disturbi del neurosviluppo” nelle persone, con conseguenze sul cervello come “autismo, deficit di attenzione e iperattività e altre disabilità intellettive”. Tutte patologie che vengono segnalate in aumento in molti Paesi.
La ricerca, basata sullo studio comparativo dei fascicoli normativi trasmessi dai produttori alle autorità americane, da un lato, ed europee, dall’altro, hanno identificato “nove pesticidi per i quali diversi produttori (tra cui Bayer e Syngenta) hanno condotto e presentato studi sul Dnt all’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente (Epa), ma non all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa)”.
Queste nove sostanze (abamectina, etoprofos, buprofezin, fenamidone, fenamifos, fluazinam, glifosato-trimesio, pimetrozina, piridaben) non sono dunque state prese in considerazione quando l’Autorità europea ha rilasciato le autorizzazioni all’uso, “per lo più concesse alla fine degli anni 2000”.
Gli impatti dei pesticidi sui disturbi dello sviluppo neurologico “sono stati inequivocabilmente dimostrati, non solo sugli animali da laboratorio, ma anche sugli esseri umani”, ha ribadito il neurobiologo Yehezkel Ben-Ari, direttore Emeritus Research Fellow presso il National Institute di Salute e Ricerca Medica (Inserm), un’autorità scientifica terza rispetto agli svedesi. Sull’autismo in particolare, “ma anche sul quoziente intellettivo, sappiamo che le esposizioni materne hanno un effetto sul nascituro” ha aggiunto.