Il paesaggio nell’arte: riflessioni sull’ambiente e l’evoluzione nel secondo Novecento

Dopo la lacerante ferita del secondo conflitto mondiale, l’arte si fa strumento di riflessione, ma anche di protesta e di sperimentazione. Il paesaggio, da soggetto dell’opera, diventa parte integrante di essa, elemento attivo di ricerca artistica. Vediamo i casi della Land Art e dell’Arte Ambientale.

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Paesaggio nell’arte – Il dialogo tra arte e ambiente, sin dai tempi antichi, è stato vivo e proficuo. Gli artisti hanno, infatti, da sempre riprodotto elementi naturali o rappresentato paesaggi e vedute nelle loro opere, seppur con declinazioni talvolta diametralmente opposte. Il genere del paesaggio si è, in effetti, evoluto assieme all’arte stessa, riflettendo tutti i più grandi sviluppi della ricerca artistica.

Da una visione del paesaggio tradizionale, idilliaca e accademica, come quella proposta da pittori quali Annibale Carracci, Domenichino, o Claude Lorrain, si è passati a paesaggi meno consueti, più soggettivi, in grado di riflettere la sensibilità dell’artista o una sua particolare visione della realtà. È questo il caso dei paesaggi romantici, di quelli cubisti o surrealisti.

Il panorama, tuttavia, cambiò drasticamente nel secondo dopoguerra. Anche in campo culturale, infatti, la devastazione, il dolore e le tragedie vissute durante la Seconda Guerra Mondiale rappresentarono una netta cesura, lasciando un’impronta indelebile sulla produzione artistica del periodo successivo.

L’orrore vissuto durante il conflitto cambiò in maniera definitiva l’interpretazione e la rappresentazione della realtà da parte di pittori e scultori, poiché, spesso, essi ritennero i tradizionali linguaggi artistici, che fino ad allora erano andati per la maggiore, inadeguati a esprimere sentimenti così forti e laceranti come il dolore, l’angoscia e la paura.

La tradizionale figurazione fu dunque sostituita dall’astrattismo, e da ricerche dal carattere sempre più sperimentale, come quella del movimento europeo dell’informale, in cui gli artisti cercarono di esprimere lo stato d’animo di un’umanità devastata, usando pennellate casuali, strati di colore e texture irregolari, per riflettere e comunicare una realtà frammentata e caotica.

Tuttavia, l’arte del secondo dopoguerra non fu solo una riflessione sul conflitto e sulla condizione umana dopo di esso; fu anche una reazione a quel passato lacerante, una forma di protesta contro la politica e la società, una sfida alle convenzioni, alle restrizioni e alle norme delle generazioni precedenti. Nuove tecniche, nuovi materiali e nuove intuizioni concettuali consentirono agli artisti di esprimersi in modo più libero e provocatorio, sfidando gli spettatori ad abbracciare nuove prospettive e punti di vista.

Questo periodo di grande sperimentazione segnò un cambiamento radicale nella storia dell’arte, introducendo nuove tendenze, concetti e approcci che influenzarono profondamente le generazioni future. Anche il genere artistico del paesaggio, nel secondo Novecento, fu travolto da questa temperie di novità e, in particolare, la natura, da soggetto dell’opera d’arte, divenne parte integrante e attiva di essa.

Due movimenti in particolare hanno svolto un ruolo cruciale in questa evoluzione: la Land Art e l’Arte Ambientale. Entrambe le correnti nacquero in polemica con l’arte tradizionale, confinata nei musei o nelle gallerie, e promossero interventi che invadevano o modificavano gli spazi aperti, in una logica antiaccademica e democratica.

La Land Art

La Land Art nacque negli Stati Uniti verso la fine degli anni sessanta, e tra i suoi massimi esponenti vi furono artisti quali Michael Heizer (nato nel 1944), Robert Smithson (1938-1973) e Walter De Maria (1935-2013). Essi sentivano l’esigenza di creare opere che fossero strettamente collegate al paesaggio, utilizzando la natura stessa come supporto.

Spiral Jetty (1970) di Robert Smithson è, ad esempio, una spirale di rocce vulcaniche e fango, che si snoda nel lago salato Great Salt Lake in Utah (USA). Il luogo scelto è intrinsecamente connesso alla creazione dell’opera, che interagisce con esso in modo armonico. Smithson, infatti, con Spiral Jetty intendeva sensibilizzare sullo sfruttamento delle risorse naturali della zona, che da secoli l’uomo perpetrava ininterrottamente, devastando l’ecosistema. Con Spiral Jetty il lago ha cambiato volto, diventando una meta di pellegrinaggio artistico, e contribuendo a sensibilizzare sulla sostenibilità ambientale.

La forma della spirale, inoltre, richiama una leggenda locale secondo la quale il lago sarebbe stato originato da un vortice di acqua marina, e allude simbolicamente al ciclo eterno della vita e della natura, al quale anche Spiral Jetty è sottoposta. L’opera, infatti, nel tempo ha interagito con il lago e con il suo ecosistema, modificandosi e deteriorandosi, fino a che non scomparirà del tutto. Per Smithson, Spiral Jetty è un richiamo al fatto che tutto ciò che esiste è destinato a svanire e ad essere trasformato, indipendentemente dalla volontà del suo creatore.

Spiral Jetty è un’opera che va oltre la sua forma fisica, richiamando concetti filosofici e simbolici, che inducono lo spettatore a riflettere, e a connettersi con la grandezza e la bellezza della natura stessa. È anche l’emblema di un’arte che ha abbandonato gli spazi chiusi per fondersi con l’ambiente circostante.

L’Arte Ambientale

Anche l’Arte Ambientale, nata in parallelo con la Land Art statunitense, affonda le sue radici nel concetto di intervento diretto dell’artista sull’ambiente, finalizzato a stimolare una riflessione critica sul rapporto uomo-natura, sulla sostenibilità e sull’ecologia. Un esempio iconico di Arte Ambientale, in territorio nazionale, è rappresentato dal progetto intitolato Mauro Staccioli. Volterra 1972-2009. Luoghi d’esperienza (2009).

In quell’occasione, l’artista Mauro Staccioli (1937-2018) disseminò le campagne della sua città, Volterra, di opere che, richiamando falci lunari o forme geometriche primordiali quali il cerchio e il triangolo, esaltavano il paesaggio circostante, apparendo come cornici aperte sull’immenso. I colori scelti sono gli stessi delle terre della Toscana e permettono alle istallazioni, ancora visibili, di armonizzarsi con il contesto. 

Queste opere rappresentano una reazione all’alienazione dell’uomo dalla natura, e sottolineano il desiderio di connessione e interazione con l’ambiente circostante, in chiave ecologica e sostenibile. In definitiva, sia l’Arte Ambientale sia la Land Art, pur presentando diversità e peculiarità, si focalizzano sull’importanza del paesaggio e sulla necessità di renderlo parte attiva della ricerca artistica.

In un’epoca in cui l’impatto dell’uomo sulla natura è sempre più evidente, l’arte diventa, così, uno strumento per riallacciare l’umanità alla terra, e per promuovere una riflessione sulla necessità di proteggere il nostro fragile pianeta.

Claudia Russo ha studiato storia dell’arte a Siena, Parigi e Bologna. Appassionata di viaggi rigorosamente culturali e di serate conviviali un po’ meno impegnate, curiosa, determinata e amante del bello, trova sempre il tempo per una buona tazza di tè e per interrogarsi, con sguardo critico, sugli avvenimenti del nostro tempo
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