Lo studio sulle ondate di calore che sta facendo discutere. Che cosa dice e chi l’ha prodotto

Il WWA (World Weather Attribution) ha studiato le ultime ondate di calore, giungendo alla conclusione che “saranno sempre più intense e frequenti” e che il cambiamento climatico è la prima causa del fenomeno.

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Da qualche giorno i media italiani ed internazionali stanno “rimbalzando” la news riguardante uno studio scientifico che dimostrerebbe come “i cambiamenti climatici abbiano reso le ondate di calore più calde, più lunghe e più frequenti”.

La notizia, che per molti ha suonato come una conferma, è stata subito presa di mira dagli “scettici” e dai “negazionisti” climatici per confutarne il contenuto e additare il suddetto studio come privo della necessaria validazione. In sostanza, un esempio di “pseudo-scientificità ambientalista”.

Approfondiamo la questione.

La fonte dello studio che ha avuto tanta risonanza mediatica è il World Weather Attribution (WWA). Il WWA nasce nel 2014 dalla collaborazione accademica fra diverse istituzioni: il suo obiettivo dichiarato è “studiare l’attribuzione di eventi estremi, i calcoli dell’impatto del cambiamento climatico su eventi meteorologici estremi come ondate di calore, siccità e tempeste”.

Gli enti di riferimento sono: l’Imperial College di Londra, il Royal Netherlands Meteorological Institute, il Laboratoire des sciences du climat et de l’environnement, l’Università di Princeton, il Centro nazionale statunitense per la ricerca atmosferica, l’ETH di Zurigo, l’IIT di Delhi e gli specialisti dell’impatto climatico della Croce Rossa / Centro climatico della Mezzaluna Rossa. Quindi, non una “confraternita di ambientalisti” come è stato da qualche parte affermato.

L’obiettivo scientifico del WWA è esattamente quello dimostrato nello studio. Cioè l’attribuzione. “Quando si verifica un evento estremo, il progetto calcola la probabilità che il verificarsi, l’intensità e la durata dell’evento siano dovuti al cambiamento climatico. Il progetto è specializzato nella produzione rapida di report, mentre le notizie sull’evento sono ancora fresche”.


Si tratta dunque di un’impostazione metodologica dichiarata e supportata da criteri di ricerca scientifica (modelli matematici, statistici ecc…).

La rete scientifica che compone il WWA (non dunque uno o due climatologi) valuta il legame tra eventi meteorologici estremi e cambiamenti climatici e giunge alla conclusione che, per quanto riguarda la Cina a titolo di caso specifico, “i cambiamenti climatici abbiano reso l’ondata di calore almeno 50 volte più probabile”.

In generale, secondo il WWA, i cambiamenti climatici, causati dalle emissioni di gas serra prodotte dall’uomo, “hanno reso le ondate di calore più calde, più lunghe e più frequenti”. Quelle future “saranno ancora più intense e più frequenti se le emissioni non saranno ridotte rapidamente”, secondo i ricercatori.

La tesi del WWA non nega che fenomeni naturali come gli anticicloni o El Nino possano contribuire a scatenare queste ondate di calore. Tuttavia “il riscaldamento delle temperature globali dovuto alla combustione di combustibili fossili è la ragione principale per cui sono così gravi”.

Su quali basi scientifiche i ricercatori sono giunti a queste conclusioni?
Mediante l’utilizzo di dati meteorologici storici e modelli climatici, e mediante il confronto fra i dati meteo-climatici odierni con quelli del passato.

I periodi di oggi esaminati dal WWA sono volutamente quelli più recenti, e nei quali il caldo è stato “più pericoloso”. Dal 12 al 18 luglio nell’Europa meridionale, dall’1 al 18 luglio negli Stati Uniti occidentali, in Texas e nel Messico settentrionale, e dal 5 al 18 luglio nella Cina centrale e orientale.

I dati hanno evidenziato l’aumento dell’intensità delle temperature all’interno delle stesse ondate di calore: in Europa esse sono più calde di 2,5 gradi, in Nord America di 2 gradi e in Cina di 1 grado, secondo il WWA.

Il secondo dato è che, mentre in passato questi eventi erano da considerarsi eccezionali (“anormali” è il termine usato) nel clima odierno possono verificarsi ogni 15 anni circa in Nord America, ogni 10 anni nell’Europa meridionale e ogni 5 anni in Cina.

Questo lasso di tempo è destinato a restringersi, per cui le ondate di calore “diventeranno ancora più frequenti e si verificheranno ogni due-cinque anni” se il riscaldamento globale raggiungerà i 2 gradi, “cosa che potrebbe accadere tra circa trent’anni”.

Le obiezioni

E veniamo alle obiezioni, espresse anche in maniera violenta, nei confronti di questi risultati.
La critica principale riguarda la rapidità con cui essi sono stati elaborati e pubblicati. In sostanza, l’accusa è di non essere passati attraverso il lungo iter delle riviste specializzate, che abitualmente “legittimano” uno studio scientifico mediante la sua pubblicazione (che avviene a distanza di tempo indeterminata).

La risposta degli scienziati del WWA è che comunque i metodi utilizzati nella ricerca sono tutti ampiamente approvati dalla grande maggioranza della comunità scientifica internazionale.

La seconda critica, legata alla prima, è che il WWA sia un collegio di studiosi “orientato” verso l’ambientalismo e quindi con basi preconcette.
In realtà, il WWA ha dimostrato più di una volta cautela nei confronti di una possibile influenza “ideologica” sui proprio studi. L’ultima volta è stata proprio in occasione delle alluvioni che hanno colpito in maggio l’Emilia-Romagna.

In questo caso, il WWA ha pubblicato, con rapidità com’è nel suo metodo, i risultati di uno studio di attribuzione sui legami specifici tra le alluvioni in Romagna e il cambiamento climatico. Senza trovarne.
Dunque i presunti “ambientalisti” del WWA hanno certificato in quell’occasione – dopo un’analisi statistica dei dati del passato e attraverso simulazioni climatiche computazionali – che il riscaldamento globale era da escludersi fra le cause degli eventi alluvionali, i quali non sono stati resi più probabili dall’aumento della concentrazione di gas serra nell’atmosfera prodotta dalle attività umane.

Del resto, proprio in quella occasione il fisico del clima Davide Faranda, ricercatore del Laboratorio delle scienze del clima e dell’ambiente (LSCE) dell’Istituto Pierre Simon Laplace e membro del WWA, aveva spiegato a chiare lettere: “Io voglio dare il messaggio più veritiero possibile, non sono un attivista ambientalista ma uno scienziato, mi interessa dare il messaggio corretto”.

Aggiungendo d’altra parte di non volere che il messaggio sulla non attribuzione delle alluvioni al riscaldamento globale venisse usato “dagli scettici del cambiamento climatico per dire cavolate”.
Più chiaro di così…

Da G.T.M.
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