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In un’epoca caratterizzata da rapidi cambiamenti climatici e preoccupazioni ambientali, l’intervista con il professor Federico Fanti, geologo e paleontologo presso l’Università di Bologna, si rivela un’analisi profonda e significativa della nostra attuale crisi ecologica. Esperto in paleontologia e geologia, Fanti ci porta in un viaggio attraverso il tempo, collegando le grandi estinzioni del passato con la sesta estinzione di massa, una realtà inquietante che il nostro pianeta sta affrontando oggi.
La sua analisi inizia con l’affermazione che la sesta estinzione di massa è una realtà indiscutibile, sostenuta da dati concreti e osservazioni scientifiche. Fanti, utilizzando il suo background unico in geologia e paleontologia, propone un confronto tra le crisi biologiche del passato e la situazione attuale, evidenziando i modelli ripetitivi nella storia del nostro pianeta. Sottolinea come la comprensione delle estinzioni passate possa offrire spunti cruciali per affrontare le sfide ambientali odierne.
Il professor Fanti approfondisce anche il ruolo dell’adattamento e della sopravvivenza, discutendo come alcune specie siano riuscite a superare queste crisi globali e cosa possiamo imparare da esse. Mette in evidenza l’importanza di studiare non solo le specie estinte, ma anche quelle che sono sopravvissute, offrendo così lezioni preziose sulla resilienza e l’adattamento.
Altro aspetto dell’intervista è l’incapacità dell’uomo moderno di adattarsi rapidamente ai cambiamenti ambientali. Fanti critica l’approccio umano attuale, che spesso si basa su giustificazioni e procrastinazioni, piuttosto che su azioni concrete. Questo atteggiamento, secondo lui, potrebbe portare a conseguenze preoccupanti per l’umanità e per il pianeta. Questo è quello che definisce patteggiare con il pianeta.
L’intervista si conclude con una riflessione sul ruolo dell’intelligenza artificiale e della scienza moderna nella gestione e nell’interpretazione dei grandi dati ambientali. Fanti sottolinea l’importanza del ruolo umano nella scienza, sostenendo che nonostante i vantaggi della tecnologia, la responsabilità e l’integrità scientifica restano imprescindibili.
Sotto la trascrizione completa dell’intervista:
Alessandro Di Nuzzo: Buongiorno, Professor Federico Fanti. Grazie per aver accettato il nostro invito su Greentomeet
Federico Fanti: Buongiorno. Buongiorno a voi, grazie per l’invito.
Alessandro Di Nuzzo: Federico Fanti è professore associato, geologo e paleontologo al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna. Allora, professore, comincio subito con una domanda un po’ a bruciapelo. La sesta estinzione è in atto oppure no? È reale o è solo un’ipotesi?
Federico Fanti: Una domanda che va subito al cuore della questione. La risposta più rapida che posso dare è sì, la sesta estinzione di massa è reale. Lo affermiamo noi scienziati perché tutte le informazioni, i monitoraggi e i dati concreti che otteniamo osservando il nostro pianeta ci danno segnali molto chiari e inequivocabili.
Il mio approccio, forse diverso da quello dei colleghi più focalizzati sul futuro, è di supportare queste interpretazioni con una visione da geologo e paleontologo, guardando indietro nel tempo. Come giustamente si dice, il cuore è la sesta estinzione di massa, e spesso dimentichiamo che non è stata né la prima né la seconda, ma la sesta. Ci sono già state cinque grandi estinzioni che hanno messo la vita al limite sul nostro pianeta.
Chi fa il mio mestiere si interessa a queste grandi estinzioni passate per due motivi. Primo, ogni volta che ci troviamo di fronte a eventi epocali come le estinzioni di massa, è fondamentale capire cosa è successo, quali sono stati i meccanismi naturali che le hanno scatenate. Questi eventi, che possono essere definiti anche crisi biologiche, riguardano tutte le creature esistenti sul pianeta. Il secondo aspetto, che ritengo ancora più interessante, è capire non solo chi si è estinto e chi ha perso in queste sfide, ma chi è sopravvissuto.
Questo è particolarmente attuale e concreto, perché se di fronte a avversità che hanno sterminato centinaia di migliaia di specie qualcuno è sopravvissuto, allora potrebbe essere utile cercare di capire chi ce l’ha fatta, quali erano le loro caratteristiche e i colpi di fortuna che hanno avuto.
Studiando il passato, possiamo quantificare i danni che questa estinzione sta portando al nostro pianeta e a noi stessi. Non parliamo di un’estinzione per fare allarmismo, ma perché è un evento naturale documentato e confrontabile con ciò che è già successo sul pianeta, con l’aggiunta di un elemento nuovo: gli esseri umani.
Alessandro Di Nuzzo: Professore, lei spesso usa tre parole chiave per descrivere tre fenomeni fondamentali in questi processi di evoluzione: adattarsi, spostarsi o estinguersi. È possibile oggi che la specie umana si adatti a questi straordinari cambiamenti in atto?
Federico Fanti: Qui esprimo la mia opinione personale, unita a un po’ di scienza. Ritengo che l’uomo sia una delle poche specie che non è più in grado di adattarsi, avendo scelto un’altra filosofia: patteggiare. L’uomo è bravo a trovare scuse, giustificazioni e a procrastinare, quindi patteggia. Questo approccio può funzionare nella nostra società, magari a livello locale e nel piccolo, ma il problema sorge quando l’uomo tenta di patteggiare con il pianeta Terra, cosa che semplicemente non può funzionare. È come patteggiare con qualcuno che non ti ascolta e che ha le proprie regole.
La fortuna e il successo della nostra specie sono legati alla capacità di adattarsi, cioè di sfruttare le opportunità, di capire che c’era dell’altro, di iniziare a spostarsi e trovare nuove risorse. All’inizio lo abbiamo fatto molto bene, beneficiando di ciò che il pianeta poteva offrirci senza avere un impatto negativo su di esso.
Tuttavia, dopo un punto di rottura, per ogni guadagno della nostra specie, il pianeta subisce effetti molto gravi, rendendo sempre più difficile l’adattamento. Adattarsi, per l’essere umano, vorrebbe dire rinunciare a cose a cui tiene, come un certo tipo di benessere, comodità, investimenti e soldi. L’uomo può adattarsi, come tutte le specie presenti sul pianeta, e si vanta di essere la specie più intelligente e di aver capito tutti i meccanismi. Il problema è che quando si tratta di farlo, di scendere a compromessi e quindi rinunciare, si fa fatica.
Questa situazione attuale, in cui abbiamo gli strumenti e le conoscenze ma l’applicazione della buona pratica sembra venire meno, ci porta alle altre due parole menzionate prima. Se non siamo in grado di adattarci, ci spostiamo, cercando altre forme di mitigazione. Mai come oggi vediamo che il genere umano si sposta in tutto il pianeta, non per divertimento, ma per sopravvivenza pura. Questo è un modo di patteggiare, mitigare e trovare soluzioni temporanee.
La fine che tutti cerchiamo di evitare è l’estinzione, cioè pagare il prezzo per non aver rinunciato, migliorato o fatto nulla. Prima o poi qualcuno richiederà un prezzo. E il pianeta Terra, non per cattiveria, ma per semplici questioni di bilanci, non può provvedere sempre a tutto e per tutti.
Alessandro Di Nuzzo: Professore, lei è paleontologo oltre che geologo, giusto? Oggi la paleontologia è ancora quella che si occupa dei dinosauri e di specie di cento milioni di anni fa, o ci sono nuove strade?
Federico Fanti: Per quanto mi riguarda, la paleontologia, che è la mia professione, almeno spero che lo sia, può essere suddivisa in due fronti. Uno di essi, paradossalmente, è rimasto invariato nel corso del tempo ed è affascinante: si tratta della raccolta dei dati, dell’esplorazione, della ricerca e della scoperta dei reperti. Perché? Perché i fossili, ossia i resti mineralizzati di organismi viventi del passato, non si trovano dove li vogliamo, ma devono essere cercati e conquistati. Ogni volta che si scopre un nuovo fossile, si apre una nuova pagina per comprendere meglio la nostra storia. Questa fase è quella che mi appassiona di più, poiché è affascinante e fornisce il materiale necessario per avviare la vera ricerca scientifica.
L’altra parte della paleontologia è completamente diversa. È una delle discipline che, a mio avviso, si è evoluta di più all’interno delle scienze in generale, grazie alle nuove tecnologie, alle scoperte recenti e a brillanti contributi. Ora possiamo studiare gli animali del passato, che vissero milioni o miliardi di anni fa, con lo stesso approccio che usiamo per studiare gli animali odierni.
Questo è fondamentale non solo per svelare i misteri di singoli animali, ma anche per comprendere le sfide che l’umanità sta affrontando oggi. La paleontologia fornisce un archivio fondamentale che permette di confrontare dati del passato con dati attuali, anziché basare le nostre previsioni su intuizioni. Questo è particolarmente utile quando si tratta di affrontare sfide attuali e urgenti, come la minaccia attuale di estinzione documentata.
Federico Fanti: Esatto. L’ultima volta che il pianeta si è trovato in una situazione simile è stata durante la quinta estinzione di massa, avvenuta circa 66 milioni di anni fa, che ha causato la scomparsa dei dinosauri. È importante notare che questa estinzione è stata provocata dall’impatto di un asteroide di 10-12 km di diametro, il che ci fa comprendere quanto gravi possano essere le conseguenze di eventi simili. La quinta estinzione di massa ha costretto il pianeta e tutte le forme di vita ad adattarsi rapidamente, trovare soluzioni o estinguersi, come nel caso dei dinosauri.
Oggi stiamo affrontando una situazione simile, sebbene in modo diluito nel tempo, ma gli effetti possono essere altrettanto devastanti. Dovremmo riflettere su questo concetto: al momento, siamo di fronte a una situazione grave quanto quella delle estinzioni di massa del passato.
Alessandro Di Nuzzo: Professore, come vede i giovani che frequenta nella sua attività di insegnamento? Nota una loro volontà e proiezione verso il futuro?
Federico Fanti: Ho la fortuna di lavorare con giovani che hanno scelto consapevolmente di intraprendere una carriera molto specifica e impegnativa, che non è casuale. Questo dimostra una forte motivazione. I giovani di oggi sono molto competenti, svegli e hanno accesso a un mondo altamente connesso, il che li rende competitivi e ben informati sulle tematiche della loro disciplina. Sono anche consapevoli dell’importanza della comunicazione nella scienza e sanno valutare criticamente le informazioni provenienti dai media.
Questo è un aspetto cruciale, poiché la comunicazione è fondamentale per l’impatto della loro ricerca. Alcuni di loro si distinguono per la loro capacità di mantenere l’integrità e la coerenza nelle loro posizioni, evitando di cedere alle pressioni per risolvere tutto rapidamente. Il dialogo diretto e il confronto faccia a faccia sono valori che apprezzo particolarmente, poiché mettono in luce la competenza di chi sa affrontare le sfide in modo responsabile.
Alessandro Di Nuzzo: Professor Fanti, l’intelligenza artificiale può contribuire in modo significativo, secondo lei?
Federico Fanti: Da un punto di vista del trattamento dei dati, sicuramente la gestione dei cosiddetti Big Data, ovvero dataset enormi che coprono periodi di tempo lunghi, è stata di grande aiuto nel nostro lavoro. Ci ha semplificato notevolmente la vita, rendendo più efficienti le analisi che richiedevano mesi o anni di lavoro in passato.
Tuttavia, in merito all’interpretazione dei dati, ho alcune riserve riguardo all’uso eccessivo dell’intelligenza artificiale. Nella mia visione, il ruolo dello scienziato è fondamentale quando si tratta di discutere e interpretare i risultati della ricerca. Personalmente, ritengo importante mettersi in gioco e separare i risultati grezzi dai processi interpretativi e comunicativi.
In questo contesto, credo che l’intelligenza artificiale abbia un ruolo limitato e dovrebbe essere utilizzata con cautela. Non dovremmo affidarci completamente a essa, scaricando la responsabilità personale che ogni scienziato deve assumersi quando comunica un concetto o difende una posizione. La scienza non deve basarsi solo sui risultati, ma anche sul porre le domande giuste e avanzare nella ricerca di informazioni utili per tutti. Pertanto, ritengo che l’intelligenza artificiale debba essere utilizzata in modo limitato nelle scienze.
Alessandro Di Nuzzo: Grazie, Professor Fanti, per le sue preziose opinioni e il suo contributo. È stato un piacere averla su Greentomeet.
Federico Fanti: Grazie a voi, è stato un piacere.