Oltre l’uomo: la celebrazione della natura selvaggia nell’immaginario romantico

Gli artisti del periodo romantico riscoprono il fascino dell’irrazionale e della natura selvaggia, fonte di ispirazione, ma anche simbolo di un desiderio profondo di libertà, insegnandoci che la natura non è semplicemente una risorsa da sfruttare, ma un’entità con cui l’umanità deve imparare a coesistere in armonia.

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Nel vasto panorama dell’arte, il Romanticismo rappresenta una delle correnti più affascinanti e, al contempo, emblematiche di un’epoca segnata da profonde trasformazioni sociali, culturali e politiche. Nato in Europa alla fine del XVIII secolo e fiorito nel XIX, il Romanticismo si contrappone con forza alle rigide convenzioni neoclassiche, promuovendo un ritorno all’emozione, all’individualismo e, soprattutto, alla natura.

Questa corrente artistica e letteraria si distingue, infatti, per una visione della natura come un’entità potente e, spesso, incontrollabile. Un elemento centrale del Romanticismo è proprio la riscoperta della natura selvaggia e incontaminata, che diventa non solo fonte di ispirazione, ma anche simbolo di un desiderio profondo di libertà e di connessione con l’essenza più pura dell’esistenza umana.

Il Romanticismo: origini e ideali

Per comprendere il fascino che la natura esercitava sugli artisti romantici, è fondamentale esaminare il contesto storico in cui il Romanticismo è emerso.

Nato in Germania alla fine del XVIII secolo, si estese rapidamente in tutta Europa, con importanti sviluppi in Inghilterra e Francia. Fu un movimento che intendeva contrastare la crescente razionalizzazione e meccanizzazione della vita umana, in polemica con l’Illuminismo e la rivoluzione industriale, e promuovere, al contrario, una celebrazione dell’individuo, dell’irrazionale, del misterioso e del soprannaturale.

La natura, in quest’ottica, non fu semplicemente interpretata come uno sfondo passivo per l’azione umana, ma fu vista come una forza dinamica e spesso indomabile, che riflette le emozioni e i conflitti interiori degli esseri umani. La sua rappresentazione artistica diventa un mezzo per esplorare l’infinito, il sublime, e l’insignificanza dell’uomo di fronte alla maestosità dell’universo.

I paesaggi romantici sono spesso caratterizzati da scene selvagge e drammatiche: montagne imponenti, foreste oscure, mari burrascosi, cieli tempestosi, ghiacciai immacolati. Queste immagini non solo evocano un senso di meraviglia e rispetto, ma incarnano anche la tensione tra la bellezza e il terrore, la serenità e la violenza, la vita e la morte.

Il fascino della natura selvaggia

La natura incontaminata rappresenta, oltretutto, un antidoto al mondo moderno, visto come corrotto e alienante. Quale miglior rifugio dall’oppressione della società industriale? In un’epoca in cui le città europee crescono rapidamente, spesso in modo caotico e malsano, gli artisti cercano paesaggi remoti e poco accessibili, dove l’uomo è solo uno spettatore di fronte alla magnificenza del creato. La natura, vista come pura e incontaminata, diventa quindi un simbolo di ciò che è eterno e sacro, in contrasto con la transitorietà e la corruzione del mondo civilizzato.

Una delle parole chiave che caratterizzano la poetica romantica è sicuramente “sublime”. Il concetto di sublime descrive quel misto di terrore e ammirazione che si prova di fronte alla maestosità della natura. Questo sentimento è particolarmente evidente quando si contemplano opere di artisti romantici che rappresentano fenomeni naturali estremi, come tempeste, vulcani in eruzione, cascate vertiginose e paesaggi montani, capaci di evocare emozioni profonde e primordiali.

Ma vediamo qualche esempio di dipinti che incarnano perfettamente questo spirito, partendo da un’opera che è forse l’immagine più iconica del Romanticismo: Viandante sul mare di nebbiadel pittore tedesco Caspar David Friedrich. Realizzata nel 1818, mostra un uomo solitario, in piedi su una roccia, che guarda dall’alto un mare di nebbia che avvolge le montagne sottostanti. L’immagine evoca indubbiamente un senso di isolamento e introspezione, ma anche di fascino verso l’immensità della natura, di fronte alla quale siamo piccoli e fragili.

Altra opera emblematica dello stesso artista, è il Il naufragio della Speranza (1823-24), conosciuta anche con il titolo Il Mare di Ghiaccio. Questo dipinto rappresenta una nave, la Speranza, intrappolata e distrutta dai ghiacci del Mar Artico, raffigurati come formazioni gigantesche e caotiche, che dominano la scena, trasmettendo un senso di desolazione e impotenza umana di fronte alla forza inarrestabile della natura.

Spostandoci in Inghilterra, la figura che incarna maggiormente questo senso di sublime verso il creato è William Turner che, attraverso un uso drammatico della luce e del colore, trasmette l’energia della natura selvaggia e il suo enorme fascino.

In Tempesta di neve: Annibale e il suo esercito attraversano le Alpi (1812), Turner, ad esempio, rappresenta il generale cartaginese Annibale mentre affronta con i suoi soldati una violenta nevicata durante l’attraversamento della catena montuosa, catturando la forza caotica e distruttiva della tempesta, e sottolineando l’imprevedibilità e la potenza della natura.

In Il Castello di Dolbadarn (1799) vediamo, invece, le rovine del Castello di Dolbadarn in Galles, immerso in un paesaggio montano selvaggio e avvolto in una luce malinconica. Turner, attraverso l’uso sapiente della pennellata, enfatizza l’aspetto drammatico e sublime del luogo, utilizzando il maniero come simbolo della transitorietà delle opere umane rispetto alla natura eterna.

Anche in Francia si sviluppa presto una sensibilità romantica che ritroviamo, ad esempio, in opere quali La Zattera della Medusa (1818-19) di Théodore Géricault, ispirato a un tragico fatto realmente accaduto: il naufragio della nave Medusa. L’artista raffigura i sopravvissuti mentre cercano disperatamente di salvarsi la vita, aggrappandosi a una zattera alla deriva. Il mare in tempesta e i cieli minacciosi amplificano il dramma della scena, mettendo in evidenza la vulnerabilità umana di fronte alle forze della natura.

Infine, uscendo dal contesto europeo, La Grande Onda di Kanagawa (1831) del giapponese Katsushika Hokusai, sebbene non sia un’opera occidentale, ha avuto un enorme impatto anche in Europa, diventando un’icona globale del Romanticismo. Si tratta di una xilografia e rappresenta una gigantesca onda che minaccia piccole imbarcazioni, mentre il Monte Fuji si intravede in lontananza. Anche Hokusai cattura la potenza distruttiva della natura e la fragilità umana, elementi tipici della visione romantica.

Natura e sostenibilità: una riflessione contemporanea

Sarebbe erroneo pensare che l’interesse degli artisti romantici per la natura selvaggia e incontaminata sia lontano dalla nostra sensibilità contemporanea e distante dai nostri interessi, esso infatti può essere letto anche alla luce delle moderne preoccupazioni per la sostenibilità ambientale. Le opere romantiche, del resto, ci insegnano che la natura non è semplicemente una risorsa da sfruttare, ma un’entità con cui l’umanità deve imparare a coesistere in armonia.

Nell’attuale contesto di crisi ecologica, il messaggio dei romantici risuona, di fatti, con nuova urgenza: la consapevolezza della necessità di preservare gli spazi naturali, di proteggere la biodiversità e di combattere il cambiamento climatico trova eco nella visione romantica della natura come sacra e inviolabile.

Gli artisti romantici, nel loro desiderio di fuggire dalla modernità e riscoprire la purezza della natura, ci offrono una prospettiva preziosa per riflettere su come possiamo vivere in modo più sostenibile, e ci invitano a riconoscere la bellezza e il valore intrinseco del creato che, in definitiva, va celebrato, rispettato e non distrutto.

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Claudia Russo ha studiato storia dell’arte a Siena, Parigi e Bologna. Appassionata di viaggi rigorosamente culturali e di serate conviviali un po’ meno impegnate, curiosa, determinata e amante del bello, trova sempre il tempo per una buona tazza di tè e per interrogarsi, con sguardo critico, sugli avvenimenti del nostro tempo
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