Porre un argine al (dilagare del) greenwashing. Il tema era da tempo al centro
dell’attenzione nel dibattito sulla sostenibilità e la transizione ecologica, e da più parti
si invocava un intervento deciso delle autorità UE sulla spinosa questione, essendo
quella contro il greenwashing una battaglia da affrontare in una prospettiva
perlomeno sovra-nazionale, se non proprio mondiale.
E’ ormai da tempo che i consumatori, l’opinione pubblica e le associazioni di tutela
dei cittadini si sono accorti dell’aumento quasi esponenziale delle pratiche di
marketing ingannevoli messe in atto da molte aziende circa l’impatto ambientale
della loro attività e dei loro prodotti: dichiarazioni di intenti che poi alla luce dei fatti
(e della reale qualità dei prodotti, o dei sistemi di lavorazione e di produzione) si
rivelano sostanzialmente inapplicate, quando non proprio sostituite da pratiche di
segno contrario.
Ora finalmente la UE batte un colpo. Il 2024 si è aperto infatti con l’approvazione da
parte del Parlamento Europeo a una nuova direttiva volta a migliorare le pratiche
connesse all’etichettatura dei prodotti e a mettere un freno alle dichiarazioni
ambientali fuorvianti.
Passata con 593 voti a favore, 21 contrari e 14 astensioni, la direttiva è già stata
ribattezzata anti-greenwashing. Manca ancora l’approvazione finale del Consiglio:
poi gli Stati membri avranno 24 mesi per recepirla nel diritto nazionale.
Vediamola nel dettaglio.
- Migliorare la chiarezza e l’affidabilità dell’etichettatura dei prodotti. Sono
vietate parole e affermazioni ambientali vaghe come “rispettoso
dell’ambiente”, “naturale”, “biodegradabile”, “climaticamente neutro” o “eco”
prove documentate.
In sostanza, le diciture di sostenibilità ambientale si potranno utilizzare solo se
“provate” da sistemi di certificazione ufficiali o stabiliti dalle autorità
pubbliche nell’UE.
Né si potrà più scrivere che il prodotto ha un impatto neutro, ridotto o positivo
sull’ambiente grazie al meccanismo della compensazione delle emissioni. - Assicurare la durabilità delle merci e dei prodotti. Le informazioni sulla
garanzia dovranno essere più visibili, per rendere i consumatori consapevoli
del periodo di tempo cui hanno diritto per richiedere la riparazione dei prodotti
difettosi a spese del venditore. Ci sarà, a questo proposito, una nuova etichetta
per i prodotti con periodi di garanzia estesi rispetto a quella di due anni
stabilita dal diritto dell’UE. - Ci sarà poi uno stop alle dichiarazioni non supportare sulla durabilità. “La
lavatrice durerà per 5.000 cicli di lavaggio” non si potrà più scrivere, se non
sarà tecnicamente provato.
Stop anche ai suggerimenti più o meno espliciti alla sostituzione dei materiali
di consumo prima del necessario.
In generale, le aziende dovranno essere più trasparenti e inoppugnabili in tutte
le dichiarazioni sulla riparabilità dei prodotti. Anche quando presentano come
riparabili prodotti che, in realtà, non lo sono.
La nuova direttiva non viaggia sola. Nella politica dell’attuale UE per incentivare il
consumo sostenibile, si affianca alla direttiva ancora in discussione sui green claims,
anch’essa volta a definire meglio l’utilizzo delle dichiarazioni ambientali in chiave
anti-marketing ingannevole.
Non meno importante è poi il lavoro che si sta svolgendo in sede UE per introdurre
norme minime nella progettazione, che rendano tutti i prodotti, o quasi, realmente
sostenibili, durevoli ed ecologici, nonché per garantire il diritto dei consumatori al
right to repair, la riparazione dei prodotti.
fonte: vi rimandiamo alla conferenza del 17/01/21 di Biljana BORZAN