Ma quanto costerà rendere green la nostra casa? (E soprattutto: è possibile stabilirlo ora?)

Le stime sui costi della riqualificazione oscillano significativamente. Forse però è presto per fasciarci la testa. Vediamo perché.

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Arriviamo ora al punto dolente della questione “casa green”. Quello che ha suscitato le aspre polemiche delle ultime settimane, le grida di allarme lanciate da più parti, addirittura il “fuoco di sbarramento” da parte di alcuni verso la nuova direttiva UE per l’efficientamento energetico degli edifici.

I costi delle importanti opere di ristrutturazione che dovranno essere messe in campo.

Possiamo fare oggi delle stime precise?

Il primo dato che emerge è che non è possibile al momento fare stime sufficientemente precise sull’importo medio di un pacchetto di lavori di efficientamento energetico. Troppe sono le variabili in gioco.
Il secondo punto è che, ovviamente, questi eventuali costi “vivi” andranno sostenuti da una politica di agevolazioni da parte delle istituzioni: requisito che la UE stessa ritiene necessario e imprescindibile, anche per un generale principio di giustizia sociale chiaramente espresso nella direttiva.

Confedilizia vede nero

Secondo i dati di Confedilizia, allo stato attuale sono oltre 9 milioni gli edifici in Italia che non risultano in regola con la direttiva, su un totale di 12,2 milioni.

Non c’è da stupirsi. Il 74% degli immobili nel nostro Paese è stato realizzato prima dell’entrata in vigore della normativa completa sul risparmio energetico e sulla sicurezza sismica. Inoltre, gli attestati di prestazione energetica emessi nel 2020 si riferiscono nel 75,4% dei casi a immobili nelle classi più inquinanti, E, F, G.
La classe G, quella più inquinante, incide al momento per oltre un terzo (35,3%) del totale (dati Enea-CTI).

Confedilizia sostiene che l’applicazione della direttiva in tempi brevi significherebbe per i proprietari costose ristrutturazioni per due immobili su tre.

Aggiunge inoltre che, in moltissimi casi, gli interventi richiesti per le case green non sarebbero realizzabili, a causa delle caratteristiche degli immobili stessi. Con questa tempistica si avrebbe poi, secondo Confedilizia, un fortissimo aumento dei prezzi, oltre alla difficoltà di trovare materie prime, ponteggi, manodopera qualificata e ditte specializzate.

Le stime di OICE

Vediamo ora le stime di OICE, l’Associazione delle società di ingegneria e architettura aderente a Confindustria, che sembrano più circostanziate.

Il Coordinatore del Gruppo di Lavoro sul Superbonus, Fabio Tonelli, ha stimato, in base ai dati acquisiti nel periodo attuale delle ristrutturazioni con il Superbonus, i costi degli interventi necessari per arrivare in classe D entro il 2033: quello che è richiesto dalla direttiva green.

Prendiamo un edificio-tipo, costruito negli anni ’80 e ubicato a circa 400 metri sul livello del mare: nell’ipotesi di 5 piani fuori terra, con appartamenti della superficie media di circa 105 mq, il passaggio da una attuale classe G alla classe D porta a stimare un costo minimo medio di circa 40.000 euro ad appartamento con intervento sull’involucro esterno (pareti, copertura e solaio sottostante al primo piano riscaldato).
Con un intervento più organico (infissi, caldaie e impianto fotovoltaico condominiale), si devono aggiungere altri 20.000 circa per appartamento. Lo studio precisa che gli importi comprendono i lavori, le spese tecniche e l’iva al 10%.

L’efficientamento energetico sarebbe poi un’ottima occasione per riqualificare anche sismicamente il patrimonio edilizio italiano. La spesa stimabile per interventi di miglioramento sismico non invasivi (rafforzamenti locali, antiribaltamento dei paramenti esterni e ripristino di parti ammalorate) per la medesima tipologia di edifici, in zona sismica 1 e 2, è oggi stimabile pari a circa 55.000 euro per appartamento.
Alla luce dei dati analizzati, OICE conferma che l’adeguamento richiederà uno sforzo economico piuttosto elevato in tempi così ristretti. Suggerisce dunque che l’introduzione delle regole sia graduale.

Nello stesso tempo, ricorda come grazie gli incentivi fiscali (in primis il Superbonus), nonostante le ben note difficoltà legate ai crediti, il nostro patrimonio immobiliare abbia già conseguito un netto miglioramento dell’efficienza, anche in termini di sostenibilità ambientale.

Come sostenere queste spese?

Messa così la questione, dunque, sembra che le previsioni di spesa esulino largamente dalle possibilità economiche di un proprietario di immobile o di una famiglia media.
Tuttavia la questione non si esaurisce certo qui. Nemmeno negli intendimenti dell’Unione Europea.
Un’analisi condotta da Giorgio Iacobone, Leonardo Reggio, Bruno Ruscio e Giorgio Giacomucci dello Studio CBA e pubblicata su “IlSole24ore” chiarisce le indicazioni contenute nella direttiva UE per rendere economicamente sostenibile il processo di efficientamento.

Primo punto. La flessibilità. “Un elemento importante” scrivono gli autori dell’approfondimento “che merita spazio, concerne la flessibilità concessa agli Stati Membri per recepire tale Direttiva nel territorio nazionale, sulla base del testo oggi disponibile”.

“La Direttiva lascia ampi margini di manovra e flessibilità agli Stati Membri sulle misure e interventi da adottare per raggiungere i sopra citati obiettivi.
Questa flessibilità deriva da diversi fattori tra cui, non da ultimo, le differenze sostanziali dei patrimoni immobiliari dei 27 Stati membri, date anche le ragioni climatiche e storiche di ciascuno”.

Secondo punto. Il sostegno finanziario. “Un lungo passaggio del testo (la nuova direttiva green, ndr) approvato sottolinea e sollecita l’implementazione di una struttura di sostegno finanziario efficace per la realizzazione di detti interventi edilizi che, altrimenti, rischierebbero di rimanere solo “buone idee” sulla carta”.

“L’implementazione di tale struttura richiede l’utilizzo non solo delle disponibilità di finanziamento provenienti dall’UE, come ad esempio i finanziamenti derivanti dal PNRR oppure l’implementazione di un apposito fondo denominato “Energy performance renovation fund”, ma sarà anche strettamente necessario che i singoli Stati Membri adottino un piano di incentivazione finanziario e fiscale uniforme che permetta a tutti i soggetti coinvolti in questa attività di ristrutturazione edilizia di poter disporre delle risorse necessarie per avviare il rinnovamento”.

Secondo gli autori, le linee di intervento della pianificazione dei singoli Stati Membri dovranno fondarsi su tre pilastri principali: finanza, fiscalità e capacità produttiva delle imprese coinvolte.
Nel prossimo articolo vedremo come, in concreto.

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Da G.T.M.
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