Più pericolosi di quanto si pensi
Quando si parla di gas serra, la mente va subito alla CO₂. È lei la protagonista indiscussa di ogni dibattito sul clima, il nemico numero uno quando si parla di riscaldamento globale. Eppure, la realtà è ben più complessa. L’anidride carbonica è solo uno degli attori in scena, e non è nemmeno il più potente. Esistono altri gas, meno famosi ma molto più aggressivi, che contribuiscono in modo significativo all’aumento delle temperature. Sono invisibili, sfuggenti, eppure influenzano il pianeta più di quanto si immagini.
E allora perché si parla quasi solo di CO₂? Perché è la più abbondante e la sua presenza è legata in modo diretto alle nostre attività quotidiane: il carbone che alimenta le centrali elettriche, la benzina nelle auto, le industrie che bruciano combustibili fossili. Ma se vogliamo davvero capire il problema del cambiamento climatico, dobbiamo allargare lo sguardo. Perché accanto alla CO₂ esistono gas molto più pericolosi, con un impatto immediato e devastante. Sono gas che si nascondono nei fertilizzanti, nelle discariche, negli allevamenti intensivi, nei condizionatori d’aria e nelle industrie di tutto il mondo.
Capire quali sono e da dove vengono è il primo passo per capire ed affrontare l’emergenza climatica.
I gas che scaldano il pianeta
Tra tutti, il metano (CH₄) è uno dei più insidiosi. È oltre 30 volte più potente della CO₂ se si considera un arco temporale di 100 anni. Viene rilasciato da allevamenti intensivi, discariche, giacimenti di gas e petrolio. Ha una vita più breve rispetto alla CO₂, ma il suo effetto è immediato e brutale: un vero acceleratore del riscaldamento globale.
Poi c’è il protossido di azoto (N₂O), un gas che non gode di particolare notorietà ma che è devastante per il clima: ha un potenziale di riscaldamento globale 273 volte superiore alla CO₂ per un periodo di 100 anni. La sua origine? Soprattutto l’agricoltura industriale, in particolare i fertilizzanti azotati. Non lo vediamo, non lo sentiamo, ma sta alterando l’equilibrio termico della Terra con una rapidità sorprendente.
Tra gli altri elementi i gas fluorurati, un mix di sostanze create dall’uomo per frigoriferi, condizionatori, industrie elettroniche. Tra questi, l’esafluoruro di zolfo (SF₆) è il peggiore di tutti: il suo effetto serra è indicativamente 23.500 volte superiore a quello della CO₂. Nonostante la loro concentrazione in atmosfera sia minore rispetto agli altri gas, il loro impatto è evidentemente mostruoso.
Ma il clima è una macchina complessa, e anche elementi naturali come il vapore acqueo giocano un ruolo cruciale. Non è un gas serra prodotto direttamente dalle attività umane, ma il suo aumento è una conseguenza diretta del riscaldamento globale: più la Terra si scalda, più umidità trattiene l’atmosfera, amplificando ulteriormente il problema. Un effetto domino che rischia di sfuggire di mano.
E infine, c’è l’ozono troposferico. Conosciuto più per i suoi effetti sulla salute umana che per il clima, si forma vicino al suolo a causa dell’inquinamento da traffico e industrie. Ma non è solo un problema per i polmoni: è anche un potente gas serra che contribuisce al riscaldamento globale.
Cambiare rotta: una sfida globale
Se c’è una cosa chiara, è che non si può affrontare il problema del cambiamento climatico con un’unica soluzione. La CO₂ va ridotta attraverso la transizione energetica, il metano richiede un ripensamento dell’agricoltura e dell’allevamento, il protossido di azoto impone una rivoluzione nell’uso dei fertilizzanti. E i gas fluorurati? Devono essere sostituiti con alternative meno dannose. In questo senso molte aziende, sopratutto in Europa, si sono mosse ma a livello mondiale il tema è attuale.
L’Unione Europea sta già adottando misure per limitare l’uso di alcuni di questi gas, ma non basta, perché il riscaldamento globale non conosce confini. Le emissioni di oggi, ovunque vengano prodotte, influenzano l’intero pianeta e non si fermano davanti ai muri. Ogni strategia nazionale è utile, ma senza un’azione coordinata a livello globale, il problema resta irrisolto. Le ultime decisioni degli Stati Uniti, per esempio, fanno dubitare che si voglia davvero prendere "il toro per le corna" a livello mondiale. Cina e India continuano a contribuire significativamente all'emissione di gas serra che insieme agli USAinsieme rappresentano il 64,1% delle emissioni globali.(dati 2023)
Paese | Milioni di tonnellate CO₂ eq. | % sul totale mondiale |
---|---|---|
Cina | 15.944 | 39,2% |
Stati Uniti | 5.961 | 14,7% |
India | 4.134 | 10,2% |
Unione Europea | 3.222 | 7,9% |
Russia | 2.672 | 6,6% |
Brasile | 1.300 | 3,2% |
Indonesia | 1.200 | 3,0% |
Giappone | 1.041 | 2,6% |
Iran | 997 | 2,5% |
Arabia Saudita | 805 | 2,0% |
Canada | 748 | 1,8% |
Messico | 712 | 1,8% |
Corea del Sud | 654 | 1,6% |
Turchia | 606 | 1,5% |
Pakistan | 572 | 1,4% |
Australia | 532 | 1,3% |
Vietnam | 524 | 1,3% |
Sudafrica | 522 | 1,3% |
Thailandia | 441 | 1,1% |
Nigeria | 385 | 0,9% |
Regno Unito | 379 | 0,9% |
Argentina | 366 | 0,9% |
Iraq | 363 | 0,9% |
Egitto | 336 | 0,8% |
Malesia | 325 | 0,8% |
Kazakhstan | 320 | 0,8% |
Taiwan | 308 | 0,8% |
source: EDGARD - Emissions Database for Global Atmospheric Resarch - Sito 1UE
Il tempo non gioca a favore. L’aumento della temperatura media del pianeta ha già superato i livelli preindustriali e il limite di 1,5°C fissato dagli Accordi di Parigi è sempre più vicino, per cui è necessario non sottovalutare il problema.
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