Un mondo senza farfalle? Dopo le api, una prospettiva che inquieta e allarma

In tutto il continente quasi un terzo delle farfalle è sulla via dell’estinzione. Deforestazione, agricoltura intensiva, inquinamento e cambiamenti climatici sono le cause principali.

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[NejroN] © 123RF.com

Non solo le api, come purtroppo sappiamo da tempo. Anche le farfalle sono ormai a serio rischio di estinzione.

Se per caso, camminando per prati o altre aree verdi, avete avuto l’impressione (spiacevole) che il numero delle farfalle sia diminuito nel corso degli anni, bé con ogni probabilità non è solo un’impressione dettata dalla nostalgia per i bei tempi dell’infanzia.

I lepidotteri, ovvero quel vasto ordine di insetti olometaboli a cui appartengono oltre 158.000 specie di farfalle e falene, sono davvero a rischio sul nostro pianeta. E la loro eventuale estinzione sarebbe, sotto tutti gli aspetti, uno dei più drammatici eventi che potrebbero mai capitare al nostro ambiente vitale. Ma ancora una volta, siamo noi umani ad essere in grandissima parte responsabili della situazione:  tocca a noi correre ai ripari.

In Europa, si stima che circa il 30% delle farfalle sia prossima alla scomparsa. Tra le specie più minacciate ci sono Aricia hyacinthus, ormai estinta a livello regionale, e Tomares nogelii, scomparsa dalla Romania e Moldova già prima del nuovo millennio. Anche la Cavolaia di Madeira (Pieris wollastoni), una specie presente solo nell’isola di Madeira in Portogallo, non è più stata avvistata dal 1970.

Non va meglio negli Stati Uniti, dove da ottant’anni non si vedono più le farfalle blu di Xerces volare sulle spiagge californiane. La Xerces blue, che affollava le dune di sabbia della costa di San Francisco, è stata dichiarata pressoché estinta; la stessa fine sembra ormai riservata alla Monarca della famiglia Nymphalidae, soprattutto laddove essa conviveva con le colture intensive.

In Italia una recente ricerca ha potuto stilare la “Lista Rossa IUCN dei Ropaloceri Italiani”. Sono state censite ben 288 specie indigene di lepidotteri diurni, a cui si aggiunge una specie di origine sudafricana accidentalmente introdotta in Italia. 
Una di queste è già da considerarsi estinta nel nostro Paese: la Lycaena helle, detta anche Licena della bistorta. Le specie seriamente a rischio di prossima estinzione sono invece almeno 18, il 6,3% di quelle esaminate.

Veniamo alle cause.
Benché non sia semplice stilare una classifica di importanza di queste, tra le principali ci sono certamente i cambiamenti nell’uso del suolo e le pratiche agronomiche.
Allo stesso tempo, l’abbandono delle attività agrosilvopastorali, soprattutto nelle aree appenniniche, mette in sofferenza, insieme a tutto l’ecosistema, anche la vita delle farfalle.

Accanto a questi fenomeni ci sono senza dubbio gli incendi. Particolarmente minacciate in questi ultimi anni risultano esserne specie come la  Polyommatus galloiHipparchia sbordonii Kudrna (la “farfalla di Ponza”) e Spialia therapne.

Altra causa di sofferenza sono i prelievi di risorse idriche per uso agricolo. L’abbassamento della falda freatica che provocano, altera l’ecosistema delle zone umide, per esempio nella pianura padana. Questo costituisce un pericolo soprattutto per la specie Maculinea alcon.

A tutto questo dobbiamo sommare il ruolo svolto dai cambiamenti climatici.  Temperature invernali più alte, anomalia e irregolarità nelle precipitazioni. La Melitaea britomartis diffusa nel Nord Italia sta patendo enormemente le mutate condizioni del clima.

Infine – ma è quasi scontato – ci sono le attività più propriamente umane come l’urbanizzazione, responsabile di estinzioni di varie specie locali in pianura; l’uso di pesticidi, erbicidi e insetticidi.
Last but not least, sopravvive ancora (non solo nelle barzellette, purtroppo) un insano collezionismo, che si stima sia un pericolo per ben dieci specie di farfalle in Italia.

In Gran Bretagna, stante una situazione forse ancora peggiore della nostra con l’80% delle farfalle stimate in declino, gli scienziati hanno preso l’iniziativa, chiedendo ai cittadini di aiutarli a tracciare la migrazione verso nord dei lepidotteri.


Dopo aver esaminato 50 anni di dati, i ricercatori dell’associazione no profit Butterfly Conservation, che gestisce l’annuale Big Butterfly Count, hanno individuato un chiaro spostamento verso nord di molte specie, tra cui le beniamine dei giardini, la virgola, il pavone e l’agrifoglio.

Anche qui la causa è da individuare nel cambiamento climatico, che ha creato habitat più caldi, consentendo ad alcune razze di crescere in modo sostanziale. L’ammiraglia rossa, quella che noi conosciamo come Vanessa Atalanta, tipicamente presente nell’Inghilterra meridionale in estate prima di migrare in Europa per l’inverno, ora risiede nel Regno Unito tutto l’anno, con la popolazione che è triplicata.
Mentre l’agrifoglio blu è stata avvistata in Scozia, ed è aumentata del 34%. Stesso fenomeno per la falena diurna detta tigre di Jersey, precedentemente osservata solo nel sud-ovest dell’Inghilterra e ora avvistata a nord di Londra durante il Big Butterfly Count 2021.

Qual è il problema? Come spiega la dottoressa Zoë Randle, responsabile delle indagini senior di Butterfly Conservation, “Le specie altamente adattabili sono tutte in grado di spostarsi in nuovi luoghi con il riscaldamento del clima, ma per le specie specifiche dell’habitat, queste tendenze sollevano seri segnali di allarme”.
“Le piante alimentari non possono spostarsi come le farfalle. Le specie che si affidano a particolari habitat non sono in grado di muoversi liberamente. Ciò significa che, se il cambiamento climatico continua, potrebbero rimanere intrappolate in frammenti isolati di habitat rimanenti, affrontando la minaccia molto reale di estinzione”.

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Da G.T.M.
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