Elefanti asiatici – E’ di lunedì scorso una sentenza storica per fermare la crudeltà sugli elefanti in nome dell’addestramento. E’ stata emessa da un tribunale del Bangladesh: un territorio, com’è ovvio, fondamentale per la preservazione della specie.
L’importante notizia – certo non solo per il Bangladesh – è stata riportata dal quotidiano inglese Dhaka Tribune e ha fatto ben presto il giro del mondo.
Un collegio composto da due membri dell’Alta Corte di Dhaka, guidato dal giudice Naima Haider, ha sospeso il rilascio di nuove licenze e il rinnovo di quelle vecchie per l’allevamento di elefanti e altri animali selvatici. I giudici hanno in sostanza rivoltato la questione rispetto alla mentalità corrente nel Paese asiatico, chiedendosi semplicemente: “Perché non dovrebbe essere dichiarato illegale?”
Era stata una petizione presentata da un gruppo locale per il benessere degli animali e contro il trattamento “inumano” (per così dire) degli elefanti in cattività in Bangladesh, a portare il caso in tribunale.
E i giudici hanno dato ragione agli attivisti.
La continua concessione di licenze per l’uso degli elefanti nei circhi privati – oltre alla progressiva deforestazione del territorio – ha infatti gravi conseguenze sullo stato della specie, che è in grave pericolo di estinzione. L’elefante asiatico è infatti inserito nella Red List dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, un organismo globale coinvolto nella conservazione della natura.
L’elefante asiatico Elephas maximus è entrato nella Lista delle specie minacciate dell’IUCN nel 2019. Il grado del pericolo di estinzione è di A2c.
Puoi vedere la Lista qui:
In Bangladesh si stima vivano ancora circa 200 esemplari. Finora era possibile ottenere una licenza per catturare gli elefanti ad uso, per così dire, lavorativo, cioé per far loro trasportare i tronchi d’albero.
Molti degli esemplari, tuttavia, finivano nei circhi, o addirittura nelle esibizioni per strada. Non si contano poi gli episodi di maltrattamento, che causano un grave stress negli animali portandoli a volte a comportamenti pericolosi per sé stessi e per la popolazione.
Questo brutale tipo di “addestramento” ha anche un nome: Hadani. Ed è proprio la dichiarazione di illegalità dell’hadani la buona notizia che gli animalisti del Bangladesh e di tutto il mondo salutano, sperando che si traduca in realtà. «Una decisione storica» l’ha infatti definita Rakibul Haque Emil, direttore di People for Animal Welfare (PAW), un gruppo animalista del Bangladesh.
Sono stati proprio il PAW, insieme alla notissima attrice bengalese Jaya Ahsan, a promuovere la causa di interesse pubblico contro la concessione della licenza.
«I concessionari privati, compresi quelli dei circhi, separano brutalmente i cuccioli di elefante dalle loro madri, li incatenano per mesi e poi li torturano per insegnare loro dei trucchi», ha spiegato Emil. «Speriamo che questa sia la fine di hadani in Bangladesh».