La Corea del Sud dice basta al consumo alimentare della carne di cane dopo migliaia di anni

Una decisione storica in Corea del Sud. Il parlamento di Seul ha decretato che sarà vietato il consumo alimentare di carne di cane. Facciamo alcune considerazioni a casa nostra.

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È passata la legge che sancisce il divieto al consumo di carne di cane in Corea del Sud. La questione, che pare scontata in Occidente, dove mangiare il migliore amico dell’uomo sarebbe una forma intollerabile di alimentazione e forse anche un reato, ricordiamo che la modifica del comma 2 dell’art. 9 della Costituzione salvaguarda il benessere degli animali nel loro ambiente. Norma che sembra aver salvato la vita all’orso Gaia.

La questione coreana pone degli interrogativi di carattere generale anche alle nostre altitudini. Qual è il parametro che definisce la “sacralità della vita di un animale”?

La cultura del consumo di carne di cane in Corea ha radici antiche e profonde e può essere tracciata indietro a migliaia di anni.

La carne di cane era consumata in Corea sin dai tempi antichi, probabilmente fin dall’era dei Tre Regni (57 a.C. – 668 d.C.) e durante la dinastia Goryeo (918-1392). In quei tempi, i cani venivano allevati principalmente per scopi di caccia e protezione, ma venivano occasionalmente consumati.

Nel corso della storia coreana, ci sono state usanze legate al consumo di carne di cane in determinate occasioni, come le festività tradizionali o le cerimonie di matrimonio. In alcune regioni, si riteneva che il consumo di carne di cane potesse avere benefici per la salute, come l’aumento della resistenza e la protezione dalla negatività.

La macellazione della carne di cane e il suo consumo producono un’economia in Corea del Sud, tanto che ci sono state manifestazioni da parte di operatori e lavoratori del settore per protestare contro la decisione. Il governo di Seul sta ragionando su ammortizzatori sociali per sostenere i disoccupati di questo settore.

A dire il vero, molti coreani non consumano carne di cane. Molti ritenevano inaccettabile trattare i cani come animali da compagnia e come fonte di cibo allo stesso tempo. Nel corso degli anni, ci sono stati sforzi per regolamentare o vietare il consumo di carne di cane in alcune parti della Corea. Ad esempio, alcune città e province hanno imposto restrizioni o proibizioni, mentre altre aree hanno mantenuto ancora tradizioni legate al consumo di carne di cane. La legge ha risolto ufficialmente la diatriba.

Una riflessione arriva spontanea. Se applicassimo, per esempio, una norma simile al cavallo oppure alla mucca? E già perché in India, per esempio, la mucca è sacra e molti amanti dei cavalli aborriranno al solo pensiero che il loro fidato amico passi per il reparto macelleria a piccoli pezzi.

Per esempio, l'”Animal Welfare Institute” lavora per promuovere il benessere degli animali in generale e ha sostenuto campagne specifiche per vietare la macellazione dei cavalli in diversi paesi. Le ragioni principali dietro questi sforzi sono legate al benessere animale e alla considerazione dei cavalli come animali da compagnia o da lavoro, piuttosto che come fonte di carne.

Molti ritengono che i cavalli abbiano una storia di lunga collaborazione con gli esseri umani e dovrebbero essere trattati con rispetto e dignità fino alla fine della loro vita.

Dall’altra parte, molte aziende dipendono dalla produzione e dalla vendita di carne di animali specifici per la loro sopravvivenza economica. Il divieto o la regolamentazione dell’uso di questi animali può mettere a rischio la loro sopravvivenza.

La chiusura o la regolamentazione severa di tali settori può comportare la perdita di posti di lavoro per i lavoratori coinvolti. Questo implica una serie di sfide sociali ed economiche, tra cui la disoccupazione e l’instabilità economica per le comunità colpite. In Corea del Sud, si è pensato alla creazione di ammortizzatori sociali per sostenere la decisione di abolizione degli allevamenti e consumo della carne di cane. Nel caso il sistema economico coinvolga molti soggetti tale decisione ha quindi un impatto significativo sulle casse degli stati e quindi sulle tasche dei contribuenti.

Trovare soluzioni che tengano conto sia della protezione degli animali che della sostenibilità economica è spesso un compito arduo che comporta scelte coraggiose da parte degli amministratori.

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