L’inquinamento dell’aria che respiriamo fa molto male alla nostra salute. Questo lo sappiamo bene, o almeno dovremmo saperlo. E dovremmo anche sapere – anche se molti fanno finta di non averlo capito – che ridurre l’inquinamento atmosferico fa risparmiare denaro.
A ribadirlo, è stato nel mese di maggio scorso un importante convegno tenutosi a Bruxelles, a pochi passi dalla sede della Commissione europea. Quello che è significativo, in questo caso, è il fatto che a organizzare l’assise di scienziati da tutto il mondo sia stato un ente che si può definire davvero super partes (ammesso che gli altri non lo siano, ma così sembrano pensarla gli “scettici”).
Si tratta dell’HEI (Health Effects Institute): una società senza scopo di lucro fondata nel 1980 come organizzazione di ricerca indipendente per fornire dati scientifici di alta qualità, imparziali e pertinenti sugli effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico. L’istituto riceve finanziamenti non solo dall’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti (la famosa EPA), ma anche dai big dell’industria automobilistica mondiale: dalla BMW alla Caterpillar, dalla Ford a Stellantis e via dicendo. Si può dunque ritenere a buon diritto che le loro valutazioni, le stime fatte e i risultati degli studi siano informati alla prudenza, e liberi da eventuali pregiudizi “ambientalisti”.
HEI ha ospitato un incontro insieme alla European Respiratory Society (ERS) e alla International Society for Environmental Epidemiology (ISEE), il 24 maggio 2023 nella capitale belga.
Lo scopo di questo incontro era discutere le revisioni proposte di recente alla direttiva UE sulla qualità dell’aria ambiente (AAQD), identificarne i punti di forza e di debolezza e proporre, nel caso, ulteriori opzioni di politica dell’ambiente e della qualità dell’aria.
La discussione si è basata su temi come gli effetti sulla salute di bassi livelli di esposizione all’inquinamento, i contributi relativi delle diverse fonti e dei componenti, gli esempi riusciti di buone pratiche sulla qualità dell’aria. Infine, la questione di come massimizzare i benefici per la salute per tutti, in Europa e non solo.
I due messaggi che sono usciti con grande nettezza dall’incontro sono quelli ricordati all’inizio. L’esposizione all’inquinamento atmosferico danneggia la nostra salute; ridurre l’inquinamento atmosferico fa risparmiare denaro.
Ogni anno nei 27 Stati membri dell’UE circa 412.000 persone muoiono prematuramente a causa dell’inquinamento da particelle, hanno ricordato i relatori. Ma questa è solo una parte dell’impatto dell’inquinamento sulla salute. L’air pollution è anche un fattore in molte delle nostre malattie croniche; danneggia la nostra salute sin da prima della nascita, durante l’infanzia e fino alla nostra vecchiaia.
E dunque ci costa anche in termini economici. Eccome. “L’inquinamento atmosferico agli attuali livelli europei non è gratuito” ha dichiarato la professoressa Barbara Hoffman, dell’Università di Düsseldorf. “Comporta costi elevati in termini di cure ospedaliere, perdita di giornate lavorative, incapacità lavorativa e ridotta intelligenza nei bambini. Tutto questo si traduce in una spesa enorme, e che si potrebbe evitare”.
Le nuove proposte dell’UE, benché non adottino in pieno le linee-guida dell’Organizzazione mondiale della sanità, ridurrebbero i limiti legali per l’inquinamento da particelle del 60% e taglierebbero il limite per il biossido di azoto del 50% entro il 2030.
Gli avversari di questo pacchetto di proposte (più o meno “negazionisti”) usano come prima obiezione l’arma dei costi. I metodi utilizzati dagli esperti per il calcolo dei costi e dei benefici, e portati all’attenzione del meeting di Bruxelles, variano da Paese a Paese, ma il messaggio generale è lo stesso da parte di tutti. I vantaggi derivanti dalla riduzione del carico sanitario derivante dall’inquinamento atmosferico sono così elevati che quasi sempre superano l’investimento.
Si stima che il Clean Air Act e gli emendamenti degli Stati Uniti abbiano salvato la vita a 230.000 americani nel 2020. A questo dato vanno aggiunte la riduzione dell’asma, delle visite al pronto soccorso e dei giorni lontani dal lavoro e dall’istruzione. Così sommando le voci, i benefici raggiungono oltre 30 volte l’investimento.
Per le proposte targate UE, il vantaggio previsto è almeno 10 volte maggiore del costo e potrebbe essere fino a 35 volte maggiore.
Ecco perché gli scienziati hanno lanciato una sfida alla Commissione europea per rafforzare le proposte finora formulate: insomma per “gettare il cuore oltre l’ostacolo” (rappresentato soprattutto da molte formazioni politiche nazionali). “La nuova direttiva UE, con limiti più rigorosi, potrebbe essere il più grande intervento sanitario per una generazione”, ha dichiarato il prof Mark Nieuwenhuijsen dell’Istituto per la salute globale di Barcellona.
Se è vero che gli impatti sulla salute dell’inquinamento atmosferico ammontano al 6,1% del prodotto interno lordo globale, secondo le stime della Banca Mondiale, l’UE ha l’opportunità di diventare un leader mondiale nella tecnologia e nelle azioni per un’aria pulita. Gli scienziati riuniti a Bruxelles sperano che il loro grido di incitamento superi i muri del Palazzo Berlaymont, sede della Commissione, ed entri nelle orecchie dei 27 membri della Commissione.