Aumento della temperatura in italia. Belpaese invivibile: Se il quadro dei cambiamenti climatici che interesseranno il nostro Paese è quello che abbiamo delineato, dobbiamo aspettarci anche delle significative ricadute sull’economia italiana.
“Tra gli studi modellistici, Carraro et al., (2009) riportano perdite non trascurabili per l’Italia anche in uno scenario di moderato cambiamento climatico di 1°C rispetto al periodo preindustriale. Il PIL è previsto contrarsi tra lo 0,12 e lo 0,2% (in valori assoluti circa 2 – 3,5 miliardi di euro).
Il secondo studio è Mcallum et al., (2013), secondo il quale le perdite, ancora relativamente contenute attorno allo 0,5% del PIL in uno scenario di incremento della temperatura di 2°C, coerente con gli obiettivi minimi dell’Accordo di Parigi, potrebbero aumentare al 2% del PIL (circa
35 miliardi di euro) per incrementi di temperatura di 4°C, caratteristici dello scenario RCP8.5. Entrambi gli studi non prendono in considerazione alcune importanti categorie di impatto a causa della loro difficile quantificazione in termini di PIL: ci si riferisce ad esempio agli impatti conseguenti gli eventi estremi, agli impatti sulla salute e a quelli su ecosistemi e biodiversità. | valori proposti devono essere quindi considerati delle stime per difetto.” (fonte: CMCC, Analisi del rischio. I cambiamenti climatici in Italia, 2020)
Quali saranno i settori economici più colpiti?
Con l’aumento del rischio idrogeologico, che causerà frane ed alluvioni, saranno fortemente danneggiate le infrastrutture, abitazioni ed attività commerciali. Il danno calcolato è tra gli 1,5 e i 15,2 miliardi di euro annui nel periodo 2071-2100.
Passiamo all’agricoltura, avvertendo naturalmente che tutte queste visioni per settore vanno in realtà integrate tra loro e considerate in un unico contesto con forti interconnessioni.
In caso di innalzamento della temperatura di 2°C e 4°C, il valore complessivo della produzione agricola persa si stima tra i 13 e i 30 miliardi di euro nel primo o nel secondo caso. Sul valore complessivo assoluto dell’agricoltura italiana, corrisponde a una perdita del 5% circa.
Un settore particolarmente colpito sarà il turismo, che oggi costituisce il 7% del PIL italiano. Qui le variazioni di temperature verso l’alto e gli altri eventi negativi potrebbero indurre molti turisti soprattutto stranieri a non visitare più il nostro Paese.
Il turismo invernale, poi, risulterebbe severamente colpito dall’aumento delle temperature. La mancanza di neve costringerebbe ad incrementare la produzione di neve artificiale, con gravi problemi di competizione con gli altri settori per l’uso dell’acqua.
Per fare un esempio, le stazioni sciistiche del Friuli-Venezia Giulia non avrebbero una copertura nevosa naturale sufficiente a garantire la stagione già con un aumento delle temperature di +1° C. Circa un terzo delle stazioni in Lombardia, Trentino e Piemonte subirebbe la stessa sorte.
Si arriva allo scenario limite dei + 4°C, in cui non più del 18% di tutte le stazioni dell’arco alpino italiano avrebbero una copertura nevosa naturale idonea alle attività invernali.
Questi sono solo alcuni dei danni economici che si possono ragionevolmente prospettare per il nostro Paese nello scenario dei cambiamenti climatici. Ad essi potremmo aggiungere l’aumento dei consumi energetici per la climatizzazione delle nostre abitazioni e degli uffici, il calo del settore della produzione ittica che ancora da’ lavoro a molti italiani, e altro ancora.
Possiamo dunque fare nostre le conclusioni del citato report del CMCC 2020:
“Investire in uno sviluppo sostenibile, che il Green Deal europeo riconosce come unico modello di sviluppo per il futuro, è un’opportunità che l’Italia non può perdere e neppure rimandare. La sfida è quella di sfruttare le risorse economiche disponibili con competenza e innovazione, attraverso nuovi modelli di produzione e di impresa e nuove modalità orientate ad una gestione sostenibile
del territorio che devono necessariamente entrare a far parte del bagaglio di imprese ed enti pubblici, locali e nazionali”.