I bambini non riescono più a concentrarsi? E’ colpa anche dell’inquinamento atmosferico

Uno studio spagnolo rivela che gli alti livelli di NO2 presenti soprattutto nelle aree a intenso traffico provocano stress ossidativo e alterazione del metabolismo cerebrale. Soprattutto nei più giovani.

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Il tema è noto da tempo, e anche su greentomeet.com ne abbiamo parlato. Ma, data la sua rilevanza, è utile continuare a trattarlo.

L’inquinamento atmosferico può avere pesanti influenze sulla salute e il benessere generale dei nostri figli: in particolare se sono bambini.

In questo caso parliamo della capacità di concentrazione dei più piccoli: che, oggi come forse mai in passato, sembra agli occhi di noi adulti essersi indebolita in maniera evidente. I bambini non riescono più a concentrarsi.

Questa non è un’impressione, in realtà. I pediatri e gli psicologi dell’età evolutiva lo confermano con un’ampia messe di dati e di evidenze.

Ma, fra le cause da annoverare per questo indebolimento della capacità di attenzione dei ragazzi, secondo un nuovo studio, c’è anche l’inquinamento ambientale. Vediamo come e perché.

L’allarme viene da uno studio spagnolo pubblicato recentemente. Secondo i ricercatori dell’Istituto per la salute globale di Barcellona (ISGlobal), l’inquinamento atmosferico, soprattutto nella forma dell’esposizione al biossido di azoto (NO2) – un inquinante in gran parte emesso dal traffico stradale – indebolisce la capacità di attenzione dei bambini di età compresa tra i quattro e gli otto anni. Un fenomeno, in realtà che secondo i ricercatori riguarda tutta la popolazione, particolarmente delle aree urbane, ma che è nettamente accentuato nei bambini.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista “Environment International” ed è solo l’ultima in ordine di tempo di una lunga serie di studi che provano l’impatto negativo dell’inquinamento atmosferico sullo sviluppo del cervello, durante i primi anni di vita e, prima ancora, in gravidanza.

Utilizzando i dati di oltre 1.700 donne e dei loro figli selezionati in quattro regioni della Spagna, i ricercatori hanno stimato l’esposizione giornaliera all’NO2 durante la gravidanza e nei primi sei anni dell’infanzia.

Parallelamente hanno valutato la funzione attentiva (termine della psicologia cognitiva che intende la capacità di scegliere a cosa prestare attenzione e cosa ignorare) a 4-6 anni e a 6-8 anni. E la memoria di lavoro (la capacità di trattenere temporaneamente le informazioni) a 6-8 anni, utilizzando test al computer.

I risultati hanno mostrato piuttosto chiaramente che i bambini esposti a livelli più elevati di NO2 hanno maggiori probabilità di avere una funzione attentiva più scarsa a 4-6 anni, e che all’età di 2 anni sono più sensibili a questo inquinante.

Il legame tra inquinamento atmosferico e capacità di attenzione è stato riscontrato anche dell’Istituto per la salute globale di Barcellona (ISGlobal)nei bambini di 6-8 anni.

Quali le cause ipotizzate dagli studiosi?

La funzione attentiva è alla base dello sviluppo delle funzioni esecutive del nostro cervello, che controllano azioni, pensieri ed emozioni.

“La corteccia prefrontale, che è quella parte del cervello responsabile delle funzioni esecutive, si sviluppa lentamente e durante la gravidanza e l’infanzia è in piena maturazione”, spiega Anne-Claire Binter, fra le autrici dello studio.

Per questo è più vulnerabile all’esposizione all’inquinamento atmosferico, che provoca infiammazione, stress ossidativo e alterazione del metabolismo energetico nell’area cerebrale.

Altro dato che spicca, il fatto che i ragazzi appaiono più vulnerabili delle ragazze. “Nei ragazzi, l’associazione tra esposizione a NO2 e funzione attentiva potrebbe durare più a lungo perché il loro cervello matura più lentamente. Questa può essere la ragione della loro maggiore vulnerabilità”, spiega Binter.

“Questo studio suggerisce che la prima infanzia, fino all’età di 2 anni, sembra essere il periodo su cui concentrare le misure preventive”, afferma ancora Binter. “Perché anche un piccolo effetto a livello individuale derivante da livelli di esposizione relativamente bassi, può avere grandi conseguenze a livello di popolazione”.

I risultati dello studio spagnolo, dunque, sono un motivo in più per attivarci subito e con la massima serietà sul problema cruciale della riduzione dell’inquinamento, in questo caso a vantaggio della salute dei nostri figli.
Non sarà inutile forse ricordare che, secondo il rapporto-shock pubblicato nel 2023 dall’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), ogni anno in Europa più di 1.200 bambini e adolescenti muoiono per cause collegate all’inquinamento atmosferico:

https://www.agi.it/scienza/news/2023-04-26/inquinamento_quanti_bambini_muoiono_europa-21100267/#:~:text=AGI%20%2D%20Secondo%20l’ultimo%20rapporto,salute%20fisica%20e%20mentale%20con

E che, come ha ricordato Gerardo Sanchez Martinez, esperto di ambiente e salute presso l’AEA, “non si può pensare ai bambini come a dei piccoli adulti, quando si parla d’inquinamento atmosferico. Loro ne soffrono di più, già durante la gravidanza e ne subiscono gli effetti poi all’asilo e anche oltre. Stiamo deludendo i nostri figli sull’inquinamento atmosferico”.

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Direttore Editoriale. Alessandro Di Nuzzo è giornalista, scrittore e responsabile editoriale di Aliberti editore dal 2001. Ha curato diversi volumi sulla letteratura italiana e straniera, come Leopardi. Ricette per la felicità (2015); Poeti francesi del vino (2016); Dante e la medicina (2021). Il suo primo romanzo, La stanza del principe (Wingsbert House-Aliberti, 2015), ha vinto il Premio Mazara del Vallo Opera prima. È autore con Alessandro Scillitani del docufilm Centoventi contro Novecento. Pasolini contro Bertolucci (2019). Tra i suoi libri: Francesco da Buenos Aires. La rivoluzione dell'uguaglianza.
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