Baia e Gaiola: le perle sommerse del golfo di Napoli

Un patrimonio di incredibile bellezza e valore davanti alla costa della città partenopea. E’ possibile valorizzarlo? Certamente sì.

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Tiamat. Dea Madre. Mazu, la dea dei mari. Tefnut. Talassa.

Sono i nomi che, presso tutte le grandi civiltà della Terra, ha preso lungo i secoli e i millenni la Grande Dea delle acque.

Il principio dell’acqua, la sua forza creativa e rigeneratrice, sono essenzialmente femminili, nella concezione dei popoli e delle civiltà. Il moto dei mari e quello interno del femminile, legato miticamente ai cicli della Luna e del cosmo, hanno un unico ritmo, respirano insieme: sono il segno della grande potenza cosmica la cui ala si posa sulla Terra.

Gli antichi Greci assimilarono con una felice sintesi questa intuizione: nella loro più arcaica mitologia, la Dea Madre era Thalassa, il nome stesso del mare.

Nel mondo mediterraneo, la Dea dell’acqua ha creato e sovraintende allo straordinario patrimonio naturale e biologico del mare, con la sua ricchezza infinita di specie e il suo meraviglioso, multiforme habitat. Ma anche la presenza umana, le migliori espressioni dell’ingegno e della civiltà sono, in più occasioni, “ritornate” al mare, alla sua matrice primordiale.

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L’acqua si è ripresa nei millenni una parte della civiltà terrestre, in corrispondenza di alcune zone in cui questa stessa civiltà fiorì nelle sue più alte manifestazioni. La costa ovest della città di Napoli è una di queste.

Cuma, Baia, Pozzuoli, il Parco Archeologico dei Campi Flegrei. E poi l’isola di Gaiola, di fronte a Posillipo.

In queste due zone, uniche al mondo per i tesori storico-archeologici e naturalistici che custodiscono, sono nati i due primi e finora unici Parchi Sommersi italiani. Luoghi che possono dare vita ad esperienze irripetibili di contatto con la Storia e la Natura: al loro interno, infatti, si è creata nel tempo una eccezionale simbiosi tra i manufatti dell’uomo e le creature che popolano l’ambiente marino. Un super-ambiente, di incomparabile suggestione.

Quella dei Parchi Sommersi è, però, una realtà poco conosciuta ai turisti e ai visitatori che affluiscono nell’area partenopea da tutto il mondo. Le ragioni sono oggettive e stanno prima di tutto nella difficile fruibilità di un ambiente naturale e umano posto sotto il livello del mare.
E’ possibile rendere godibile questa incomparabile suggestione al più ampio numero di visitatori, italiani ed internazionali, e alle giovani generazioni di studenti delle nostre scuole, che hanno bisogno di esperienze “forti” per imparare ad amare la Storia e i valori della cultura?

Il Parco Sommerso di Baia: una Pompei sott’acqua

L’hanno ribattezzata “L’Atlantide dei Romani”. Era l’antica e splendida città di Baia, oggi frazione di Bacoli, nel Nord del Golfo di Napoli. Ancora oggi i preziosi reperti che si trovano sotto la superficie dell’acqua e l’ottimo stato di conservazione di mosaici, tracce di affreschi, sculture, tracciati stradali e colonne ne fanno un sito archeologico sommerso di valore unico al mondo.

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Il Parco Sommerso di Baia è stato istituito ed equiparato ad area marina protetta nel 2002.

Esso comprende almeno 14 siti con strutture antiche sommerse, 6 relitti antichi e 11 reperti isolati, che fanno di quella dei Campi Flegreila zona a più alta concentrazione di evidenze archeologiche sottomarine e costiere d’Italia.

Dell’antica e splendida Baia, uno dei centri marittimi e termali più “chic” dell’antichità, graziealla qualità delle sue acque sulfuree ottime per i problemi di salute, sono ancora perfettamente visibili sotto il marei resti dei tracciati stradali, delle botteghe e delle ville patrizie, le statue che ornavano case e vie. Personalità di spicco come Cicerone, Nerone e Cesare visitarono con ogni probabilità queste terme ed altrettante figure prestigiose della Roma di quei tempi avevano qui le loro sfarzose “seconde case”.

Del Parco sommerso, destano particolare meraviglia le cupole, che ancora portano tracce di affreschi. La credenza popolare le considerò resti di templi. E ancora si chiamano così.

C’è il tempio di Diana, che era in realtà una struttura termale, affrescato con scene di caccia.

Il Tempio di Mercurio, che è in realtà un Frigidarium. Quello di Venere, un altro edificio termale affacciato su una piscina all’aperto.

Degna di nota è Villa del Protiro, nel Sud del parco archeologico della città sommersa. La villa, di cui sono visibili i pavimenti mosaicati di una delle stanze, era circondata da taverne e botteghe. Si trova a 5 metri di profondità: è visitabile, per chi sia appassionato di immersioni, in apnea.

Naturale prosecuzione della città sommersa, è la Baia alla luce del sole, la parte collinare della città che oggi si trova allo stesso livello del mare.

Noto è il Tempio di Serapide, così chiamato per il rinvenimento al suo interno della statua di Giove Serapide, una divinità egizia, e un tempo adornato di marmi preziosi ed affreschi.

Il cuore della Baia al di sopra del mare è certamente il Castello, che domina il golfo di Pozzuoli in posizione strategica.

Il suo Museo, inaugurato nel 1993 nella torre di nord ovest, ospita fra gli altri i calchi di gesso di Baia, 60 frammenti d’epoca romana che riproducono dei capolavori del periodo classico ed ellenistico dell’arte greca; cippi marmorei rinvenuti nel Sacello degli Augustali di Miseno, con la ricostruzione della facciata del Sacello e statue riconducibili alla gens Flavia.

Al piano superiore è collocata la ricostruzione del Ninfeo di Punta Epitaffio, dell’età di Claudio, il cui originale è situato a sette metri di profondità nel Parco Sommerso.

Il Parco Sommerso della Gaiola

L’incantevole tratto di costa di Posillipo, con la maestosa baia di Trentaremi ed i piccoli Isolotti della Gaiola, sono custodi di storia, miti e leggende ed hanno un valore naturalistico, paesaggistico e archeologico inestimabile.
In poco più di 4 ettari, partendo dal pittoresco Borgo di Marechiaro e sotto il parco archeologico di Pausilypon (dove si trova la grotta di Seiano), si succedono resti di ville marittime, maestose cave di tufo, approdi, ninfei e peschiere, sopra e sotto la superficie del mare.

L’estrema complessità geomorfologica dei fondali e la favorevole circolazione delle correnti marine hanno permesso l’insediamento in pochi ettari di mare di una ricca e variegata comunità biologica che oggi riempie di vita e colori ciò che la storia della terra e quella dell’uomo hanno creato. Anche qui, come a Baia, è possibile ammirare uno scenario unico al mondo, ma solo muniti di pinne, maschera e boccaglio.

Il Parco Sommerso della Gaiola è delimitato da costoni rocciosi e alte falesie di tufo giallo napoletano, rimodellate dal mare e dal vento e ammantate dai colori della macchia mediterranea. Proprio per l’amenità dei luoghi e la bellezza del paesaggio, a partire da I sec a.C. su questa costa si insediarono sontuose ville dell’aristocrazia romana. La più importante fu certamente quella del Pausilypon (“luogo dove finiscono i dolori”) che, eretta da Publio Vedio Pollione e divenuta alla sua morte (15 a.C.) villa Imperiale, occupava gran parte della fascia costiera dell’attuale Parco.

La Discesa della Gaiola, unica via che porta al mare, passa attraverso villette e giardini privati rigogliosi e ben curati, con lunghe rampe di scale che scendono direttamente alle acque limpide.

Oltre ad essere un incredibile paradiso marino immerso in un parco archeologico sommerso, la Gaiola è anche uno dei posti più belli per andare al mare a Napoli, e un luogo di mistero, ammantato da un’ombra macabra. Quando era ancora era collegata alla terraferma, i napoletani usavano chiamarla l’isola maledetta. All’inizio dell’Ottocento, quando era proprietà dell’archeologo Guglielmo Bechi, ci viveva un eremita soprannominato “Lo Stregone” che campava con l’elemosina dei pescatori.

Dopo la sua morte, sull’isola fu costruita la bellissima villa, visibile anche oggi, che fu tra le altre, proprietà di Norman Douglas.

Le vite dei proprietari che si succedettero nel Novecento sembrano confermare la fama sinistra della villa. In ultimo l’isola è appartenuta a Gianni Agnelli, che subì la scomparsa di molti familiari, e a Paul Getty, il cui nipote fu sequestrato in quegli anni. Nel 2009 la Regione Campania ha affidato la proprietà dell’isola alla Soprintendenza Archeologica (Ente gestore del Parco Sommerso di Gaiola).

Come valorizzare questi tesori inestimabili di ambiente e cultura?

Oggi la visita diretta dei Parchi Sommersi è possibile attraverso la navigazione con barche e con sopralluoghi guidati di snorkeling e di diving.

Una bellissima opportunità: ma certamente non alla portata di tutti. Anzi, fattibile solo a gruppi ristretti, e a quei pochi che abbiano esperienza e sicurezza nella pratica dell’immersione.

Ma le tecnologia digitali, di realtà aumentata, di AI, con i loro nuovi orizzonti sviluppati negli ultimi anni – un ramo di attività, quello digitale, in cui la città di Napoli è leader in Italia – ci potrebbero offrire la possibilità di fare proprio in un’area come i Parchi Sommersi una innovativa e unica esperienza multisensoriale: una full immersion virtuale nel mondo sommerso dei Parchi, restando a terra.
Esiste già una proposta in questo senso. E’ un progetto intitolato TIAMAT-LA DEA MADRE. Per ora solo sulla carta, attende interesse dalle istituzioni e dai privati per poter diventare realtà.

Il progetto

Il progetto prevede una serie di riprese digitali subacquee dei Parchi Sommersi.
Il materiale verrà elaborato con le tecnologie della realtà virtuale e della realtà aumentata (AR), in modo da ottenere una riproduzione dell’ambiente marino il più possibile vicina alla realtà, e in grado di essere visitata dall’interno con gli accessori tecnologici adeguati (controller, visori, pedane).

In una sede sulla terraferma napoletana, per es. un palazzo storico che si affaccia sul golfo, sarà allestito un grande ambiente interno per offrire l’esperienza dell’immersione virtuale nel Parco. A corredo di questa, altre sale ed ambienti offriranno informazioni storiche e ambientali, con esposizioni di materiali archeologici, naturalistici e altre testimonianze.

Sarà realizzata anche una app, ArcheoDiving, per poter replicare l’immersione virtuale con i device digitali personali. Inoltre l’app farebbe accedere a tutte le informazioni di base sui Parchi. E un docufilm, da proporre ai canali TV e streaming internazionali.

L’installazione sarà permanente. Essa potrebbe diventare un appuntamento fisso nei tour di turismo storico e archeologico del territorio campano. Dato il suo carattere di novità, di multimedialità, di facile e piacevole fruizione – oltre alla bellezza e al fascino dei luoghi in cui sorgerebbe – DEA MADRE sarebbe una meta da non perdere, per gli itinerari del turismo internazionale e per quelli del turismo scolastico. I giovani potrebbero vivere una vera e propria immersione virtuale nella straordinaria realtà sommersa, più emozionante e affascinante di qualsiasi video-gioco, di una mostra tradizionale, di una lezione frontale di storia antica.

Oltre all’esperienza unica al mondo di un’escursione archeologica virtuale sottomarina, il viaggio attraverso i siti sommersi sarebbe anche un’occasione per promuovere il loro sfruttamento responsabile e sostenibile.

Contribuirebbe a creare e rafforzare nei visitatori, e dunque nella collettività, l’idea che il patrimonio archeologico del Mediterraneo è un valore collettivo da salvaguardare e trasmettere alle generazioni future; uno strumento efficace per comunicare tra culture, per esprimere punti di vista e rappresentare aspettative di crescita in relazione al patrimonio stesso.
Perché nel mare nostrum ambiente, cultura e comunicazione fra popoli sono più che mai una triade indissolubile.

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Direttore Editoriale. Alessandro Di Nuzzo è giornalista, scrittore e responsabile editoriale di Aliberti editore dal 2001. Ha curato diversi volumi sulla letteratura italiana e straniera, come Leopardi. Ricette per la felicità (2015); Poeti francesi del vino (2016); Dante e la medicina (2021). Il suo primo romanzo, La stanza del principe (Wingsbert House-Aliberti, 2015), ha vinto il Premio Mazara del Vallo Opera prima. È autore con Alessandro Scillitani del docufilm Centoventi contro Novecento. Pasolini contro Bertolucci (2019). Tra i suoi libri: Francesco da Buenos Aires. La rivoluzione dell'uguaglianza.
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