Tempi duri – per dirla con un eufemismo – per gli orsi in Italia e in Europa. E non solo per loro, ma per un po’ tutti i grandi carnivori (l’orso in realtà è un onnivoro) che vivono negli habitat naturali del nostro continente. Soprattutto in alcuni Paesi, la terra, come si suol dire, scotta sotto le loro zampe.
Non c’è solo l’orsa Jj4 che in Trentino ha ucciso Andrea Papi a rischiare seriamente l’abbattimento, dopo una battaglia legale che sembra tutt’altro che alle battute conclusive (si parla di un suo trasferimento a carico della LAV al «Liberty Bear Sanctuary» di Zarnesti, in Romania).
C’è in realtà un generale tentativo di revisione – portato avanti dal alcuni governi – delle norme contenute nella cosiddetta direttiva “Habitat”, approvata nel 1992 e aggiornata nel 1997, nata con l’obiettivo di “salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri”.
Ce ne informano Francesca Basso e Viviana Mazza, giornaliste e autrici della newsletter “Europe Matters” del “Corriere della sera”.
“Una settimana fa” scrivono le due giornaliste “al consiglio Agricoltura a Lussemburgo, la Romania, sostenuta da Repubblica Ceca e Slovacchia, ha chiesto al commissario Ue all’Ambiente Virginijus Sinkevicius di aggiornare le norme sulla gestione dei grandi carnivori per evitare il proliferare degli attacchi di lupi e orsi al bestiame.
La Romania ha chiesto di riclassificare le specie che prevedono ‘protezione rigorosa’ e ‘protezione semplice’ elencate in due allegati della direttiva, perché “faciliterebbe l’insediamento di un numero corretto di grandi carnivori”.
Il governo di Bucarest, ci informano le giornaliste, ha spiegato in un paper che “nell’ultimo decennio la popolazione rumena di orsi è aumentata molto, è tra i 7 mila e gli 8 mila esemplari, rispetto a un livello ottimale di 4.000 esemplari”. La Romania ospita circa due terzi della popolazione europea di orsi e oltre il 10% di quella di lupi (circa 3 mila). Il ripopolamento dei grandi carnivori ha portato all’aumento dei conflitti con l’uomo: pesa soprattutto il problema della coesistenza con la pastorizia e le attività di allevamento.
La Romania “chiede adeguati finanziamenti aggiuntivi nell’ambito della Politica agricola comune e non solo, per diverse misure come i sistemi di monitoraggio e gli indennizzi automatici per gli agricoltori in caso di perdite”. Ma suggerisce anche che “la caccia basata su quote non è incompatibile con gli sforzi di conservazione dell’orso e del lupo, purché sia accompagnata da un monitoraggio conforme agli standard scientifici e da piani di gestione a lungo termine”.
La proposta di Bucarest, ci dicono le autrici di Europe Matters, ha incontrato a quanto pare il favore non solo di Praga e Bratislava, ma anche Roma, Parigi, Vienna, Atene e Helsinki. “Solo Berlino si sarebbe opposta chiaramente a una modifica del quadro giuridico. Il commissario Ue Sinkevicius ha fatto presente che già con le norme attuali sono possibili deroghe che consentono la cattura e l’uccisione di lupi e orsi, e che la Commissione sta effettuando una valutazione della situazione del lupo in Europa (tenendo conto di tutti i pareri scientifici), i cui risultati saranno presentati entro la fine dell’anno”.
“Alla plenaria, il Comitato europeo delle Regioni ha presentato uno studio sulla convivenza con i grandi carnivori fatto insieme al Parlamento europeo che scatta una fotografia della situazione. Il territorio dell’Ue ospita attualmente cinque specie di grandi carnivori: il lupo (Canis lupus), l’orso bruno (Ursus arctos), il ghiottone (Gulo gulo), la lince eurasiatica (Lynx lynx) e la lince iberica (Lynx pardinus). Le principali minacce per queste specie — spiega il report — sono la messa in pericolo degli habitat in cui vivono questi animali, attraverso la frammentazione, la perdita e il degrado (causati in particolare dallo sviluppo delle infrastrutture di trasporto, dall’espansione degli insediamenti umani e dall’agricoltura intensiva); la caccia illegale; la persecuzione da parte dell’uomo; la riduzione della base di prede”.
Secondo la direttiva Habitat, “le specie che godono di ‘protezione rigorosa’ non possono essere catturate né uccise in modo deliberato, né devono essere disturbate (con particolare attenzione durante i periodi di riproduzione, letargo e migrazione), le uova non vanno distrutte così come vanno rispettati i siti di riproduzione o di riposo. Gli Stati membri devono inoltre istituire sistemi per monitorare la cattura e l’uccisione accidentale delle specie animali protette. Ora c’è il rischio” concludono le giornaliste “che alcuni degli animali protetti perdano in parte lo status”.
Europe Matters ci fornisce anche un po’ di numeri: “Nel 2016, gli esperti scientifici del gruppo di specialisti dell’Iniziativa grandi carnivori per l’Europa hanno riportato che l’Europa ospitava 17 mila-18 mila orsi bruni (15-16 mila), circa 17 mila lupi (da 13 mila a 14 mila nell’Ue), da mille a 1.250 ghiottoni (da 600 a 800 nell’Ue) e da 8 mila a 9 mila linci eurasiatiche (7-8 mila nell’Ue)”.
Tornando alla situazione italiana, la newsletter ci informa che la Provincia di Trento “il 30 giugno scorso ha proposto tre modifiche al regolamento sui grandi carnivori (legge 9 del 2018, che il governo impugnò davanti alla Corte costituzionale), che prevedono che tra cattura e uccisione la scelta sarà sempre l’abbattimento”.
In conclusione, la soluzione per consentire “una maggiore convivenza con i grandi carnivori” ancora non è stata trovata. Una possibilità è “aumentare le compensazioni per i danni subiti dagli allevatori, che già molti Stati prevedono. Ma deve essere anche difeso il principio che gli habitat di queste specie vanno rispettati. Il rischio ora è che nella campagna elettorale per le elezioni europee che si terranno nel giugno 2024 questo problema assuma connotati ideologici, con da una parte il ‘partito’ degli agricoltori, sostenuto dal Ppe, che vuole ridurre le protezioni e dall’altra il ‘partito’ degli ambientalisti, sostenuti da verdi, socialisti e sinistra, che le difende. Lasciando poco spazio alle valutazioni della scienza”.
Ovvero, i due grandi schieramenti che si profilano all’orizzonte delle prossime, decisive elezioni che decideranno una buona parte del futuro del continente.
(Alla newsletter di Francesca Basso e Viviana Mazza «Europe Matters» ci si iscrive qui: https://www.corriere.it/newsletter/?intcmp=emailNLcor_rassegna_7luglio2023)