Aiuto, arriva la nuova direttiva Case Green!

Ma come impatterà davvero sull’economia? - 1

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L’argomento è all’ordine del giorno. La transizione verso le “case green” è ufficialmente partita; e la cosa sembra avere sollevato (soprattutto in Paesi come l’Italia) un vero e proprio coro di preoccupazioni, ansie, previsioni fosche per l’economia sia del settore immobiliare, sia (soprattutto) dei proprietari di case e delle famiglie.
Il Parlamento Europeo ha sostanzialmente approvato una revisione della direttiva EPBD (sigla che sta per: Energy Performance of Building Directive) che regolamenta la prestazione energetica degli edifici.

Secondo la Commissione europea, gli edifici nell’UE sono responsabili del 40% del nostro consumo energetico e del 36% delle emissioni di gas serra.

L’attuale direttiva giunge al compimento di un iter iniziato almeno dal dicembre 2021, quando all’interno del pacchetto “Fit for 55” (ovvero la serie di misure per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 55% rispetto ai livelli del 1990) la Commissione europea aveva fatto propria una proposta legislativa per rivedere la direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia.

L’EPBD è, poi, ancora più antecedente nel tempo. Risale addirittura al 2002 e nasce all’interno delle Disposizioni per l’attuazione dei protocolli di Kyoto. E’ stata successivamente più volte revisionata, ad esempio nel 2010, anno in cui è uscita una EPBD n.2 (recepita in Italia solo nel 2013) e nel giugno 2018.

La direttiva odierna

In estrema sintesi, i punti salienti della nuova direttiva UE sono:

  • neutralità climatica entro il 2050.
  • nuovi edifici a emissioni zero dal 2028
  • dal 2033 nuove costruzioni e ristrutturazioni in classe D
  • una serie di deroghe per gli stati membri
  • misure per aiutare a combattere il cambiamento climatico, ridurre le bollette e sostenere le famiglie vulnerabili.

Obiettivi di riduzione delle emissioni

Tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028, con la scadenza per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà delle autorità pubbliche nel 2026. I nuovi edifici dovranno essere dotati di tecnologie solari entro il 2028, ove tecnicamente idoneo ed economicamente fattibile, mentre gli edifici residenziali in fase di ristrutturazione hanno tempo fino al 2032.

Prestazioni energetiche

Gli edifici residenziali dovranno raggiungere almeno la classe di prestazione energetica E entro il 2030 e D entro il 2033. La scala su cui calcolare l’efficienza va da A a G, con quest’ultima categoria che corrisponde al 15% degli edifici con le peggiori prestazioni nel parco nazionale del singolo Stato membro della UE.

Gli edifici non residenziali e pubblici dovranno raggiungere gli stessi rating rispettivamente entro il 2027 e il 2030.
L’aggiornamento delle prestazioni energetiche (che può assumere la forma di lavori di isolamento o miglioramento del sistema di riscaldamento) si farà quando un edificio viene venduto o sottoposto a un’importante ristrutturazione o, se è in affitto, quando viene firmato un nuovo contratto.

E’ data facoltà agli Stati membri di stabilire le misure necessarie per raggiungere questi obiettivi nei loro piani nazionali di ristrutturazione.

Sostegno alle misure contro la povertà energetica

Nei piani nazionali di ristrutturazione saranno indicati i regimi di sostegno per facilitare l’accesso a sovvenzioni e finanziamenti. Le misure finanziarie dovranno fornire un premio importante per le ristrutturazioni profonde, in particolare quelle degli edifici con le prestazioni peggiori, e sovvenzioni e sussidi saranno messi a disposizione delle famiglie vulnerabili.

Deroghe

Le deroghe riguarderanno edifici particolari, come i monumenti o gli edifici protetti per il loro particolare valore architettonico o storico; gli edifici tecnici; gli edifici utilizzati temporaneamente; le chiese e i luoghi di culto.
Gli Stati membri avranno anche facoltà di esentare gli alloggi di edilizia sociale e pubblica, laddove i lavori di ristrutturazione porterebbero ad aumenti degli affitti che non possono essere compensati da risparmi sulle bollette energetiche.

E’ data poi facoltà agli Stati membri di adeguare i nuovi obiettivi, per una quota limitata di edifici, a seconda della fattibilità economica e tecnica dei lavori di ristrutturazione e della disponibilità di manodopera qualificata.

I prossimi passi

La votazione del Parlamento europeo ha visto 343 voti favorevoli, 216 contrari e 78 astensioni.

I deputati inizieranno ora i negoziati con il Consiglio per concordare la forma finale del disegno di legge.

La Direttiva “Case green”. Il parere degli analisti di ING

Vediamo ora come il mondo economico che ruota attorno al settore immobiliare ha accolto l’importante novità della nuova Direttiva europea.
Cominciamo, in questo articolo, dagli analisti della olandese Banca ING, uno dei maggiori gruppi bancari al mondo.
In un recentissimo report, gli esperti di ING hanno analizzato lo scenario futuro del mercato immobiliare che verrà a crearsi con l’attuazione della Direttiva.

Benché le valutazioni siano improntate alla prudenza, visto che come scrivono gli analisti “la direttiva è ancora in fase di negoziazione”, il report indica sei variabili da considerare, per stimare l’impatto della direttiva.

  1. Disponibilità dei dati

La transizione verso gli edifici a zero emissioni (ZEB) comporta molte difficoltà. Oltre alle difficoltà di applicazione, esistono discrepanze nazionali nel numero di attestati di prestazione energetica (APE) già disponibili.

  1. Stato del patrimonio edilizio attuale

Dai dati e dalle stime esistenti, anche la distribuzione generale dell’EPC (Energy Performance Contract – ovvero i Contratti di Rendimento Energetico, il nostro APE) varia da paese a paese.
Poiché attualmente non esiste un modo armonizzato per attribuire i punteggi EPC, per l’analisi dei dati si possono seguire solo scale e metodologie nazionali.

Gli analisti evidenziano le differenze significative nell’etichettatura EPC: la Francia ha etichette EPC migliori rispetto alla Norvegia ma un risparmio energetico peggiore. I Paesi Bassi mostrano il tasso più alto di etichetta EPC A.

  1. Prezzi delle case

Secondo ING, nella maggior parte dei paesi europei il prezzo nominale delle case è fortemente aumentato dal 2015.

Poiché questi aumenti di prezzo sono per lo più legati alle tendenze generali del mercato, si può già vedere un premio EPC sulle case con una buona etichetta in alcuni paesi. Uno studio della Banca nazionale del Belgio e di KULeuven, che ha esaminato le differenze di prezzo tra case con prestazioni energetiche elevate e inferiori, evidenzia chiaramente il premio sulle case ad alta efficienza energetica, con una perdita netta di valore per quelle non efficienti dal punto di vista energetico.

ING rileva però che questo effetto è evidente nei paesi con un’applicazione piuttosto ampia dei requisiti EPC. Mentre in paesi come la Spagna attualmente non esiste una tale tendenza al premio per l’efficienza energetica, principalmente a causa di etichette EPC inesistenti o non divulgate durante la transazione di vendita.
La previsione è che, con l’armonizzazione dell’etichetta energia e della metodologia, altri mercati mostreranno evoluzioni simili. Anche il miglioramento della trasparenza probabilmente influenzerà sempre più il mercato e la valutazione degli edifici.

Questi effetti potranno differire da Paese a Paese: in particolare, potranno influire le differenze climatiche (poiché i costi di riscaldamento sono inferiori nei paesi mediterranei).

  1. Costi di ristrutturazione

Il report ING valuta già anche i costi di ristrutturazione di edifici inefficienti.

La stima generale è tra i 15.000 ei 100.000 euro, valori basati su stime del colosso delle ristrutturazioni tedesco VEKA insieme ad altre fonti delle singole nazioni.
Gli investimenti richiesti, pero, dipenderanno dal Paese, dallo stato e dal tipo di edificio. La ricerca di VEKA evidenzia che per il mercato belga il costo della ristrutturazione di una casa unifamiliare può essere fino a 1,3 volte più alto di una casa a schiera.

Una quota più elevata di appartamenti di proprietà (dato che interessa particolarmente l’Italia) è anch’esso un fattore di ostacolo alla ristrutturazione, a causa delle “barriere decisionali” (ad esempio nei condomini, con il voto all’unanimità sulle più importanti ristrutturazioni edilizie).

Tutto questo si aggiunge alle varianti nazionali già esistenti. Per Germania e Paesi Bassi, la stima di ING dei costi medi di ristrutturazione sono compresi tra € 15.000 e € 30.000. Sono più alti in Belgio, con una media di 50.000 euro.

  1. Profilo della proprietà

Un altro punto importante da considerare è il profilo della proprietà nelle singole nazioni.
Ci si può aspettare che i Paesi con un alto tasso di proprietari di case a basso reddito incontreranno maggiori difficoltà a finanziare i necessari lavori di ristrutturazione.

Ad esempio, il Belgio mostra un alto tasso di proprietà a basso reddito con il 44% della popolazione a basso reddito che possiede proprietà. Questo non è il caso di altri mercati come la Germania o i Paesi Bassi che mostrano, in media, la proprietà di case a basso reddito rispettivamente al 20% e al 15%.
Questi Paesi, inoltre, mostrano in generale tassi di proprietà della casa più bassi, il che implica un mercato degli affitti più ampio. Anche il mercato degli affitti potrebbe registrare cambiamenti, poiché i proprietari potrebbero chiedere agli inquilini di condividere il costo dei lavori di ristrutturazione.

  1. Accesso alla liquidità

Nel complesso, la previsione è che i Paesi con alti costi di ristrutturazione e una quota importante di proprietari di case a basso reddito incontreranno maggiori difficoltà per avviare la ristrutturazione energetica.

Questo influirà notevolmente anche sulla giustizia sociale, dato che gli edifici con le prestazioni peggiori sono di proprietà della popolazione più vulnerabile, poiché questi avranno i costi di ristrutturazione più elevati e dovranno essere rinnovati prima. Tuttavia, anche per questi edifici si avrà un vantaggio significativo nella ristrutturazione: ridurre il fabbisogno energetico di una famiglia limiterà notevolmente la spesa in una situazione di reddito familiare basso.
La conclusione importante è che l’accesso alla liquidità per la ristrutturazione sarà cruciale non solo per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni del 2050, ma anche per rendere giusta la transizione.

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