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Che la Great Barrier Reef, la Grande Barriera Corallina (la più grande estensione di corallo nel mondo, che si estende nell’Oceano Pacifico al largo della costa australiana per 2 300 km su una superficie di circa 344 400 km²) sia a rischio di sopravvivenza lo sapevamo da tempo. Ma che il ritmo di “sbiancamento” cui è sottoposta stia così drammaticamente accelerando, e che stia colpendo anche specie di coralli che si ritenevano resistenti al fenomeno, è una brutta novità che viene in questi giorni dall’Australia.
L’Australian Marine Conservation Society ha da poco pubblicato un filmato che parla da solo: nelle immagini è ben visibile come i danni da sbiancamento siano arrivati fino a 18 metri sotto la superficie dell’oceano.
I ricercatori confermano. La dottoressa Selina Ward, biologa marina ed ex direttrice accademica della Heron Island Research Station dell’Università del Queensland, ha detto che si tratta “del peggior sbiancamento che abbia mai visto in 30 anni di lavoro sulla barriera”. “Alcuni coralli” ha aggiunto “stanno iniziando a morire”.
La Great Barrier Reef Marine Park Authority ha confermato l’allarme. Il sistema di 2.300 chilometri di barriera corallina sta attraversando il quinto evento di sbiancamento di massa in otto anni. La causa? Le temperature della superficie del mare, che sono state tra 0,5 e 1,5°C più calde del previsto per questo periodo dell’anno.
Su qualcosa come 1000 barriere coralline esaminate, più della metà di esse presenta livelli di sbiancamento elevati o molto elevati, mentre un numero minore di barriere a sud – meno del 10% del totale – presenta uno sbiancamento estremo. Solo un quarto circa non ha subito danni.
Lo sbiancamento dei coralli, spiegano gli scienziati, si verifica quando il corallo è sottoposto a stress termico. A quel punto espelle le minuscole alghe marine note come zooxantelle, che vivono nei suoi tessuti e che gli conferiscono la maggior parte del colore e dell’energia. Senza le zooxantelle, il corallo muore di fame e il suo scheletro di calcio bianco come l’osso diventa visibile.
Lo sbiancamento, secondo la dottoressa Ward, sta colpendo anche specie di corallo ritenute fino ad ora resistenti al processo. E, cosa più grave, alcuni coralli hanno iniziato a morire: un processo che di solito richiede settimane o mesi dopo lo sbiancamento.
“Mi sento devastata”, ha ammesso la Ward. “Lavoro sulla barriera corallina dal 1992, ma questo nuovo evento mi mette in difficoltà”.
La temperatura del mare in due dei siti che i ricercatori hanno visitato era la stessa in superficie e a 20 metri di profondità. “ Chiunque può capire che è un fenomeno insolito” hanno detto gli scienziati.
Se la temperatura elevata non dura a lungo, il corallo può riprendersi. In caso contrario, inizia a morire. Nei casi più gravi, lo sbiancamento viene saltato e il corallo muore quasi immediatamente, diventando di solito di colore marrone sporco.
Nel 2018 il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico ha rilevato che la maggior parte delle barriere coralline tropicali andrebbe persa se il riscaldamento globale si limitasse a una media di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Il 99% andrebbe probabilmente perso se il riscaldamento raggiungesse i 2°C. Hanno anche stabilito che i coralli sarebbero ad alto rischio a 1,2° C, un livello che potrebbe essere già stato raggiunto.
La conclusione, secondo la dottoressa Ward e i suoi colleghi, è ovvia e risaputa. “Non possiamo pensare di salvare la Grande Barriera Corallina e poi aprire nuovi insediamenti di combustibili fossili. È ora di agire e non ci sono più scuse”.