White striping: un fenomeno frequente nella carne di pollo da allevamenti intensivi

È noto che in alcuni centri commerciali si vendano carni di pollo affette da striature di colore bianco, testimonianza che l'animale è stato allevato con metodi intensivi che causano un'alterazione della qualità della carne. Di cosa si tratta e qual è il motivo?

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La carne più amata dagli italiani è quella di pollo. Lo dimostrano i numeri, che testimoniano un’impennata delle vendite in questi ultimi anni (dati ISMEAMercati). Ma c’è un ma! Il white striping.

Da un punto di vista nutritivo, parliamo di un alimento molto proteico, povero di grassi e di carboidrati, molto versatile in cucina e relativamente economico all’acquisto. Questo ha portato alla necessità di un aumento della produzione per soddisfare la richiesta dei consumatori. L’attenzione sul prodotto e lo sviluppo di grandi numeri sul mercato portano inevitabilmente a una domanda: come vengono allevati questi animali, sono trattati con rispetto secondo le loro esigenze fisiologiche ed etologiche?


Abbiamo rispetto dei loro bisogni biologici di base, come mangiare, bere, riposarsi e proteggersi dalle malattie, necessari per mantenere la vita e la salute. Rispettiamo i comportamenti naturali e istintivi specifici della specie, come la socializzazione, la riproduzione o la costruzione di un nido, che contribuiscono al benessere psicologico e fisico dell’animale?


Assicurarsi che queste esigenze siano soddisfatte è fondamentale per il benessere degli animali, sia in contesti di allevamento che di cattività.
Uno dei segni evidenti del ‘maltrattamento’ degli animali e della crudeltà con cui essi vengono trattati si chiama white striping, tradotto in italiano: “striscia bianca”. Questo è quello che emerge dal report di (Essere Animali)


Il ‘white striping’ è un fenomeno patologico che interessa la carne di pollo. Si manifesta, come dicevamo, con l’apparizione di striature bianche di grasso intramuscolare all’interno dei petti di pollo.
Questa condizione è diventata sempre più frequente negli allevamenti intensivi, dove gli animali sono selezionati per una rapida crescita e un elevato rendimento di carne, in particolare nel petto.


Le striature bianche non solo alterano l’aspetto della carne, ma possono anche influenzare la qualità, riducendo la consistenza e il sapore e modificando il contenuto nutrizionale, in particolare diminuendo la quantità di proteine e aumentando quella dei grassi.


I polli affetti da white striping possono avere un aumento di contenuto di grasso fino al 224% rispetto agli allevamenti avicoli estensivi e semi-estensivi. Altre ricerche indicano un aumento meno drastico, suggerendo una variazione che può andare dall’84% al 224% a seconda della gravità del white striping.
Ricordiamo che gli allevamenti estensivi prevedono che gli animali si muovano in libertà per la campagna, quelli semi-intensivi si allevano in appezzamenti di piccolissime dimensioni.


I sostenitori di allevamento intensivo sostengono che nonostante l’aumento di grasso, partendo da una base molto bassa di contenuto di lipidi nel petto di pollo, anche con un aumento del 224% ipotizzato, il contenuto totale di grasso rimarrebbe relativamente basso; inoltre, non c’è alcuna evidenza scientifica che il white striping rappresenti un rischio per la salute umana, ma semmai potrebbe indicare una minore qualità della carne rispetto agli allevamenti avicoli estensivi, semi-intensivi.

Rimane comunque l’evidenza di un trattamento crudele dell’animale che può e dovrebbe essere evitato. A questo proposito, Europa e Italia stabiliscono, per decreto legge, che il proprietario o il custode oppure il detentore deve adottare misure adeguate a garantire il benessere dei propri animali affinché non vengano loro provocati dolore, sofferenze o lesioni inutili, si prevede anche il limite di densità massime di allevamento pari a 33 kg/m2 circa 10-12 polli ogni mq.

Questa densità per mq non rappresenta, comunque, l’immagine bucolica di allevamenti “a terra” di galline libere che razzolano nell’aia, che può aumentare ad un numero di 16-17 polli al metro quadro all’interno di capannoni in culture iper-intensive. Ricordiamo che quando si parla di allevamento a terra significa senza un recinto e non necessariamente all’aria aperta.

I numeri sono notevoli nel 2022 sono stati macellati 516 milioni di polli (dato Essere animali) pari a 1,21 milioni di tonnellate, una diminuzione quasi del 12% (-11,8% dato ISMEA) che nonostante ciò fotografa un comparto che vale 5 miliardi e 350 milioni (dati Unitalia 2022) solo per i polli da carne. E’ proprio nel comparto commerciale oltre che produttivo che gli operatori si giustificano che il prezzo è la ragione trainante dell’esistenza di questa tipologia di allevamenti che permettono economie anche a vantaggio economico dei consumatori. I quali però, ragionevolmente, dovrebbero potere avere la possibilità di scegliere altrimenti.


Ci chiediamo se sia possibile, oggi, in una logica di Environmental, social, and corporate governance (ESG) i cui parametri influiscono nell’ attività economica di aziende multinazionali e non solo, che queste, non si siano ancora “attrezzate” per cambiare questa logica produttiva e di mercato. Logica che probabilmente non è amata neanche da una significativa parte dagli stakeholder delle società stesse. In prima linea dai clienti.

altre fonti e approfondimenti:

  • decreto DECRETO LEGISLATIVO 27 settembre 2010 , n. 181
  • lettera: https://welfarecommitments.com/letters/europe/it/

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Da G.T.M.
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