Uno studio di una Università tedesca pubblicato sul Environmental Science & Technology ci riporta ad un concetto dibattuto a tutti i livelli, dalla strada alle cattedre universitarie, cavallo di battaglia di movimenti politici e soluzione a parere di molti esperti di un futuro sostenibile: “Sostenibilità e decrescita”. Questo concetto ha conseguenze concrete sul nostro modo di vivere e sul nostro tenore di vita. Da oggi abbiamo i numeri. Almeno secondo il suddetto studio.
La storia della decrescita affonda le sue radici nel movimento ecologista degli anni ’70, quando si iniziò a criticare il modello di sviluppo basato sul consumo e sulla crescita illimitata. Il termine “decrescita” fu coniato per la prima volta dal teorico francese Serge Latouche negli anni ’90. Diverse sono le associazioni in Italia a sostegno di tale modello economico e numerosi gli studi e i libri di psicologi, sociologi e politici.
Secondo questa visione la società moderna è intrappolata in un circolo vizioso di produzione e consumo che genera alienazione ed insoddisfazione. L’obiettivo della decrescita non è quello di ridurre semplicemente la quantità di beni materiali posseduti, ma piuttosto di riappropriarsi del proprio tempo e delle proprie relazioni sociali: questione alquanto dibattuta in ambito sociale e psicologico.
La teoria alla base della decrescita sostiene che il benessere umano non sia necessariamente correlato all’aumento dei consumi. Al contrario, sostiene che una vita più sobria e consapevole può portare ad una maggiore soddisfazione personale e collettiva.
L’idea centrale è quella dell’autolimitazione volontaria: imparare a vivere con meno senza rinunciare alla qualità della vita. Questo implica una riflessione critica su ciò che veramente importa nella nostra esistenza: i legami familiari, il tempo libero, la creatività e l’impegno sociale diventano elementi prioritari rispetto al possesso sfrenato di beni materiali.
Questi concetti in linea generale possono essere largamente condivisi, ma nel momento in cui li facciamo “atterrare” nella vita di tutti i giorni si pone un problema soggettivo che riguarda la sfera personale di ognuno di noi. Ognuno ha un concetto diverso di quante calorie dovremmo consumare in un giorno, di quali sono le sue esigenze abitative, di come dovremmo vestirci, quanta acqua dovremmo consumare e così via.
Le risposte varieranno senz’altro da persona a persona e saranno diverse nelle varie aree del globo. Quindi sarebbe utile definire quale sia il livello di vita che potremmo definire decente a livello globale. (Decent Living Standards o DLS) .
E qui ci viene in aiuto questo recente studio, a cui vi rimandiamo per la lettura integrale, dal titolo: “Material Requirements of Decent Living Standards”.
In che modo viene stimato questo DLS? Riportiamo testualmente il concetto tratto dallo studio: ” Il metodo per stimare la MF DLS si compone di quattro passaggi. Innanzitutto, compiliamo un elenco di servizi richiesti da ciascuna dimensione DLS e li colleghiamo ai rispettivi sistemi di fornitura. Vengono considerati due tipi di sistemi di approvvigionamento: flusso come servizio, che rappresenta flussi come il consumo di cibo per servizi come la nutrizione, e tipo di gestione delle scorte, in cui uno stock in uso, come un edificio, un veicolo, un dispositivo IT o elettrodomestico, è gestito per fornire un servizio agli utenti finali.
In buona sostanza, si parla dei materiali di base di cui ogni individuo avrebbe bisogno per vivere decentemente. Facciamo alcuni esempi. Per la nutrizione si stimano 2084 kcal giorno. I mq abitativi sono 15. Consumo di acqua 50 L giorno a persona. Ogni persona non dovrebbe produrre più di 0,74 kg di rifiuti. Non solo, lo studio stima anche di quanta energia avremmo bisogno per ogni persona entro il 2050.
Ma ecco la questione un pò meno “romantica”, o se volete chiamiamola la brutta notizia per noi del mondo “ipercresciuto”. Lo studio prende in esame, in proiezione, cosa accadrebbe se volessimo avere un DLS “in linea” su tutto il pianeta. E’ facilmente comprensibile quanto sia enorme il divario tra i paesi più poveri e quelli più ricchi e quanto sarebbe necessario ridimensionare i consumi nei paesi occidentali. Naturalmente per i paesi poveri sarebbe un miglioramento. Tutto questo si concretizzerebbe di fatto anche in una “forzata” ridistribuzione della ricchezza. Il tema è complesso e riguarda soprattutto chi dovrebbe decrescere, cioè noi con il nostro stile di vita, a vantaggio non solo della sostenibilità del pianeta ma dello stile di vita dei paesi più poveri. Ci sono implicazioni sociali, psicologiche, economiche e politiche di non poco conto. Non è questo articolo la sede per affrontare gli aspetti in questione. C’è una sterminata letteratura a riguardo a cui si aggiungono raccomandazione e provvedimenti di enti nazionali ed internazionali.
La novità è, volendo prendere come riferimento questo studio, che ora i numeri li abbiamo. E ci dicono chiaramente una cosa: “decrescere” è possibile. Ad ognuno le proprie considerazioni.