Un leak pubblicato in esclusiva dal “Guardian” rivela questioni “sensibili” per la presidenza degli Emirati Arabi Uniti del prossimo vertice sul clima delle Nazioni Unite

Il documento fa un lungo elenco di argomenti "sensibili" per il petrostato: produzione di petrolio e gas, emissioni, diritti civili e libertà. Cercando di indirizzare le risposte e la comunicazione sulla prossima Cop28.

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[TEA] © 123RF.com

E’ un vero e proprio scoop, quello messo a segno dal quotidiano britannico “Guardian” nei giorni scorsi, che rischia di provocare non pochi grattacapi agli organizzatori del prossimo Cop28 in programma negli Emirati Arabi Uniti dal 30 novembre.
Si tratta di un elenco completo di “questioni delicate e sensibili” per uno dei maggiori “petrostate” del mondo – cioè uno Stato che basa la grandissima parte della sua assai florida economia sull’estrazione di petrolio e gas – come gli Emirati Arabi Uniti. Il documento, di fonte governativa, stabilisce i “messaggi strategici” da utilizzare in risposta alle richieste dei media sui problemi della transizione ecologica: dalla produzione di petrolio e gas degli Emirati Arabi Uniti, che è in crescita, al traffico di esseri umani, altra questione di enorme gravità che riguarda il Paese arabo.

Secondo il Guardian, il documento inizia con tre pagine di “messaggi chiave Cop28 UAE” e di cosiddetti “punti narrativi” (definizione che ricorda l’uso del termine “narrazione” molto in voga anche presso i politici nostrani). Questi “messaggi” non contengono in pratica alcun riferimento a combustibili fossili, petrolio o gas, ma menzionano energia rinnovabile e idrogeno.

Il Guardian ricorda di avere già ad aprile rivelato come gli Emirati Arabi Uniti abbiano il terzo più grande piano di espansione del petrolio e del gas nel mondo. Quindi, secondo i giornalisti britannici, il documento trapelato, che mette in evidenza “l’aumento della capacità produttiva contro l’ambizione climatica” come questione, si presume sia stato creato dopo questa data. Il documento tuttavia sembra concentrarsi sulla raccomandazione a ridurre le emissioni, piuttosto che sul problema ancora più grave di fermare le combustioni.

Ma non è solo sulla riduzione delle emissioni prodotte dai combustibili fossili che il documento, pur con tutte le cautele che abbiamo detto, pone l’accento.
Altra questione a dir poco delicata ed elencata nel documento è che il presidente della Cop28 di novembre-dicembre, il Sultano Al Jaber, è anche l’amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale degli Emirati Arabi Uniti, Adnoc: un duplice ruolo che è stato spesso pesantemente criticato. E non è tutto: il documento elenca anche il fatto che Adnoc non sia stata in grado di divulgare le proprie emissioni o di pubblicare un rapporto sulla sostenibilità dal 2016. “Adnoc sta attualmente conducendo gli studi necessari”, afferma però il documento, con un atteggiamento che da noi si potrebbe definire “un colpo al cerchio e uno alla botte”.

In difesa di Al Jaber, il documento afferma: “La carriera a tutto tondo del dottor Sultan [nei settori dell’energia, del clima e della diplomazia] gli fornisce l’esperienza necessaria per coinvolgere, disunire (in originale disrupt. Che vorrà dire?) e unire in modo costruttivo gli stessi settori necessari per ottenere un’azione significativa”.

L’unica menzione dei combustibili fossili nel lungo documento, secondo il Guardian, è in una sezione intitolata “Gli Emirati Arabi Uniti come economia degli idrocarburi (fossil fuel lobbying)”.
La risposta da dare alle eventuali domande in merito è che “gli Emirati Arabi Uniti stanno contribuendo a costruire il sistema energetico di domani riducendo l’intensità di carbonio di petrolio e gas”.

“L’intensità di carbonio del petrolio o del gas“ significa la CO2 emessa per unità nella produzione del combustibile. Dunque, essa non include le emissioni molto maggiori rilasciate quando il combustibile viene bruciato, come fanno rilevare gli esperti.

“L’ambizione climatica” è elencata come una questione e il documento rileva che gli Emirati Arabi Uniti hanno recentemente aumentato l’”ambizione” dei propri impegni. Tuttavia, l’impegno consentirebbe comunque alle emissioni di carbonio degli Emirati Arabi Uniti di aumentare fino al 2030; perciò il consorzio indipendente Climate Action Tracker valuta i piani degli Emirati Arabi Uniti come “insufficienti”.

Anche le emissioni pro capite degli Emirati Arabi Uniti, tra le più alte al mondo, sono elencate come un problema. “Riconosciamo di avere un notevole margine di miglioramento, motivo per cui la nostra leadership ci ha avviato sulla strada dello zero netto entro il 2050”, afferma il documento.

Greenwashing svelato?

Il dubbio dunque si fa strada. La prossima Cop28 sarà una colossale occasione per un bel greenwashing da parte degli EAU?
Pascoe Sabido, del Corporate Europe Observatory e co-coordinatore della coalizione Kick Big Polluters Out di oltre 450 organizzazioni, ha dichiarato al Guardian: “Queste pagine di punti di discussione noiosamente elaborati strappano via la facciata verde di questa presidenza sui combustibili fossili. Chiunque legga questo dovrebbe far suonare il campanello d’allarme”.

“I colloqui sul clima delle Nazioni Unite sono diventati una fiera dell’industria petrolifera e del gas, non il fiore all’occhiello dell’azione per il clima. Un’intera industria ha cooptato con successo il processo e ci sta conducendo in una spirale mortale verso la catastrofe climatica. Fino a che punto siamo disposti a spingerci per assicurarci che ciò non accada?”.

Non solo questioni ambientali

Il documento rivelato dal Guardian elenca anche le risposte a una lunga serie di questioni sensibili non legate al clima e all’energia. Riciclaggio di denaro, crimini di guerra in Yemen, prigionieri politici, sorveglianza e spionaggio, comunità LGBTQIA+, libertà di espressione, diritti delle donne e tratta di persone. Va ricordato che l’omosessualità è illegale negli Emirati Arabi Uniti.

Nicholas McGeehan, del gruppo per i diritti umani FairSquare, ha dichiarato: “È un documento straordinariamente dettagliato, ma il problema per gli Emirati Arabi Uniti sul fronte dei diritti umani è che non possono effettivamente produrre alcuna risposta convincente al corpo di prove molto ampio e altamente credibile contro di loro.

Il punto chiave di questo documento è che gli Emirati Arabi Uniti non possono essere presi in parola. Gli attivisti per i diritti umani lo sanno da molto tempo ed è fondamentale che gli attivisti per il clima riconoscano la doppia faccia degli Emirati Arabi Uniti”.

Da registrare, in ultimo, che l’ufficio Cop28, National Media Office e Adnoc non hanno dato risposte alle richieste di commento da parte dei giornalisti del Guardian.

Da G.T.M.
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